Psicologia, Psichiatria e Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale Centro di Schema Therapy EMDR e Mindfulness ad Arezzo

Archivio per la categoria Disturbi d’ Ansia

Il Disturbo Ossessivo – Compulsivo da relazione: “Sarà quello giusto per me?”.

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A cura della dott.ssa Giovanna Mengoli

“M’ama, non m’ama

Se dubbio d’amor

troppo ti è duolo

scegli una margherita

con un petalo solo.”

Stefano Benni – Margherita Dolcevita

Può capitare a tutti di nutrire dei dubbi sulla nostra relazione sentimentale o sul partner.

“è veramente la persona giusta per me? È veramente ciò che voglio?”.

 Tutti noi sperimentiamo spesso sentimenti contrastanti rispetto alla persona amata, oppure possiamo provare attrazione per altri uomini o donne e domandarsi cosa possa significare per il nostro rapporto o se ciò possa in qualche modo condizionarne il decorso o la sua stabilità nel tempo.

Tuttavia, quando i dubbi e le preoccupazioni diventano eccessivi e creano un significativo disagio personale e di coppia, portando anche ad una compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e in altre aree importanti della vita, allora siamo probabilmente di fronte a un Disturbo Ossessivo Compulsivo da Relazione vale a dire una sintomatologia ossessivo-compulsiva che ha il suo focus sulle relazioni intime e che solo di recente ha iniziato a ricevere attenzione sia dal punto di vista clinico che di ricerca (Doron, Derby, Szepsenwol, 2014).

Le persone affette da questo disturbo arrivano a rimuginare ed a tormentarsi con sofferenza circa il possibile andamento della relazione affettiva. E’ da notare come solitamente queste persone non sono in crisi con il proprio partner, anzi la relazione sembra essere soddisfacente sotto diversi punti di vista. Ciò nonostante non riescono a rasserenarsi e sono rigidamente convinte che il loro rapporto abbia comunque un difetto, quindi il loro scopo diventa individuarlo, per poi disconfermarlo.

In alcuni casi l’esordio sintomatologico consegue a decisioni importanti dal punto di vista relazionale, come ad esempio una proposta di matrimonio o l’avere figli. In altre situazioni, i sintomi ossessivo-compulsivi si verificano dopo la chiusura di una relazione sentimentale: la persona si preoccupa ossessivamente di quanto il partner precedente fosse la persona giusta, temendo di rimpiangere la sua scelta per sempre; e così sente il bisogno di rassicurarsi per esempio ricordandosi i motivi per i quali la relazione è stata chiusa, oppure richiamando alla memoria i conflitti vissuti, come a trovare una giustificazione di quella scelta.

Tipologie di Doc da Relazione.

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo da Relazione si manifesta in due forme sintomatologiche:

  • con sintomi ossessivo-compulsivi centrati sulla relazione (relationship-centered);
  • con sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sul partner (partner-focused)

Nella prima forma, centrata sulla relazione, i dubbi e le preoccupazioni riguardano i sentimenti che la persona prova verso il partner e che quest’ultimo prova verso la persona (“Mi sto chiedendo continuamente se lo/la amo davvero” “se l’altro giorno ho guardato quella ragazza forse vuol dire che sono attratto da altre donne e quindi che non sono innamorato”).

Oppure l’autenticità dei sentimenti del partner nei propri confronti e infine la correttezza della relazione “controllo continuamente se la relazione va bene così oppure se c’è qualcosa che non va”.

Nella seconda forma, con sintomi focalizzati sul partner, i dubbi ossessivi riguardano invece difetti percepiti nel partner relativamente all’aspetto fisico, alle capacità intellettive, sociali o a caratteristiche di personalità, quali il livello di moralità.

L’esperienza clinica e le ricerche scientifiche hanno mostrato che entrambe le tipologie spesso sono presenti contemporaneamente. Molte persone descrivono di essere dapprima ossessionate da un difetto percepito del loro partner (ad esempio, relativamente all’aspetto fisico) e poi successivamente il dubbio vira sulla relazione, su quanto possa essere ‘giusta’, dato proprio quel limite fisico. Può verificarsi anche il viceversa: si inizia ad avere dubbi sulla relazione e solo in un secondo momento si diventa preoccupati di un qualche difetto del partner. In questo caso il pensiero intrusivo riguardante il difetto del partner potrebbe essere considerato proprio il segno di qualcosa che non va nella relazione di coppia.

DOC da relazione: le Compulsioni

Come prerogativa di ogni forma di disturbo ossessivo-compulsivo, ai dubbi e alle preoccupazioni si associano una varietà di compulsioni il cui scopo è quello di tentare di sopprimere/ridurre la frequenza di questi pensieri, così come ridurre l’incertezza rispetto al contenuto.

Le compulsioni più comuni che le persone con DOC da relazione tendono a mettere in atto sono le seguenti:

  • prestare attenzione e controllare i propri sentimenti (“Provo amore nei confronti del mio partner?”) e i propri comportamenti (“Sto forse guardando altre donne/uomini?”);
  • confrontare la propria relazione con quella di altre persone, come amici, colleghi o anche le relazioni sentimentali di personaggi della tv (“Sono felice come loro?”);
  • rassicurarsi richiamando alla memoria esperienze con l’attuale partner in cui si sono sentite certe di ciò che provavano.

Le persone che soffrono di DOC da relazione spesso provano a evitare le situazioni che possono fungere da innesco ai loro pensieri indesiderati e ai loro dubbi sulla relazione di coppia. Per esempio, possono evitare occasioni sociali con amici riconosciuti come ‘la coppia perfetta’ oppure vedere un film romantico, per il timore di rilevare una discrepanza tra che ciò che provano nei confronti del proprio partner e l’amore passionale e travolgente che magari contraddistingue i protagonisti del film.

Quando chiedere aiuto?

Come abbiamo già detto può capitare a tutti di notare un difetto nella persona amata e qualcosa che non va nel proprio rapporto e di conseguenza nutrire dei dubbi sulla nostra relazione, non per questo dobbiamo ritenerci sofferenti di un disturbo ossessivo-compulsivo.

Come per ogni altro disturbo psicologico, il criterio è sempre collegato all’intensità e pervasività dei pensieri e delle emozioni negative e al disagio che essi ci provocano nella nostra quotidianità.

 In quest’ultimo caso, quando ci si accorge che i propri dubbi impediscono di vivere serenamente la relazione con il partner, può essere opportuno rivolgersi ad uno specialista per una corretta valutazione del caso e per comprendere se e quando può essere necessario intraprendere un percorso terapeutico.

Bibliografia

Doron, G., Derby, D., & Szepsenwol, O. (2014). Relationship obsessive-compulsive disorder (ROCD): A conceptual framework. Journal of Obsessive-Compulsive and Related Disorders, 3, 169-180.

Dorona G, Dahlia Talmora, Ohad Szepsenwola and Danny S. Derby B.: Relationship-related obsessive- compulsive phenomena: The case of relationship-centred and partner- focused obsessive compulsive symptoms. Psicoterapia cognitivo-comportamentale – Ed . Erikson – 2012.

Attacchi di Panico

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Che cos‘è il Distrurbo da Attacco di Panico?

Il Disturbo di Panico rientra nella categoria dei disturbi d’Ansia e si caratterizza per la presenza di  frequenti ed inaspettati Attacchi di Panico.
Un Attacco di Panico viene definito come un periodo preciso di intensa paura durante il quale si possono verificare alcuni dei seguenti sintomi:

    • palpitazioni o tachicardia
    • sensazione di asfissia o di soffocamento
    • dolore o fastidio al petto (es. senso di oppressione toracica)
    • sensazioni di sbandamento o di svenimento (es. debolezza alle gambe, vertigini, visione annebbiata);
    • disturbi addominali o nausea;
    • sensazioni di torpore o di formicolio;
    • brividi di freddo o vampate di calore;
    • tremori o scosse;
    • bocca secca o nodo alla gola;
    • sudorazione accentuata sensazione di irrealtà (derealizzazione) o sensazione di essere staccati da se stessi (depersonalizzazione);
    • confusione mentale;
    • paura di perdere il controllo o di impazzire;
    • paura di morire.

L’attacco di panico è la forma più acuta e intensa dell’ansia, ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito in 10 minuti) ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo o di catastrofe imminente.
Gli individui che richiedono cure per attacchi di panico inaspettati descrivono solitamente la paura come intensa e riferiscono di avere pensato di essere in procinto di morire, di potere perdere il controllo, di avere un infarto, o di impazzire, accompagnati dal desiderio di fuggire dal luogo in cui si sta manifestando l’attacco.

Si parla di Disturbo da attacchi di panico quando, a seguito di un primo attacco di panico il soggetto sperimenta un tempo successivo di almeno un mese di intensa preoccupazione di avere altri attacchi. Le sensazioni provate durante il primo attacco di panico sono così spiacevoli da indurre nel soggetto il timore di riprovarle, per cui si sviluppa una “paura della paura”.
Gli attacchi di panico sono un fenomeno comune e in alcune persone sono così frequenti da compromettere gravemente la qualità della vita.
La persona cercherà, quindi, di mettere in atto dei comportamenti volti a prevenire il verificarsi di altri attacchi di panico sviluppando la tendenza ad evitare le situazioni che teme possano provocarli oppure affrontandoli soltanto dopo aver messo in atto alcuni comportamenti protettivi (portando con se farmaci ad esempio o richiedendo la presenza costante di un’ altra persona).
Si andrà a creare in brevi tempi un circolo vizioso che spesso si porta dietro la cosiddetta “agorafobia“, ovvero l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico. Diventa cosi pressoche’ impossibile per esempio uscire di casa da soli, viaggiare in treno, autobus o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda, e cosi via.
Il paziente diviene schiavo del suo disturbo e costringe suo malgrado familiari e amici a non lasciarlo mai solo e ad accompagnarlo ovunque. Questo spesso compromette rapporti di coppia e quelli interpersonali in genere. Inoltre, il ritiro dalla vita sociale e l’impossibilita’ di fare cose un tempo fonte di piacere, gettano frequentemente il paziente in un grave stato depressivo.

Come si cura il Disturbo da Attacchi di Panico?

L’ approccio Cognitivo Comportamentale ha messo a punto linee d’intervento efficaci per questo disturbo è viene considerato il   trattamento di elezione dall’ APA (American  Psychiatric Association).
Solitamente il trattamento comprende:
Una prima fase d’informazione accurata sulle cause del problema e su tutti i fattori che lo mantengono (evitamento e comportamenti protettivi).
Una seconda fase in cui vengono insegnate tecniche di respirazione diaframmatica e rilassamento muscolare progressivo per gestire i sintomi del panico.
Una terza fase che comprende interventi di esposizione graduale alle situazioni temute
Successivamente vengono apprese tecniche per individuare e modificare i pensieri negativi responsabili dello scatenarsi dell’attacco. Infine tecniche di esposizione enterocettiva aiutano il paziente ad aumentare la tolleranza ai sintomi fisici tipici del panico.

 

Disturbo Ossessivo Compulsivo

docCos’è il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC)?

E’ un problema psicologico dovuto alla presenza continua di pensieri disturbanti. Questi possono essere di vario tipo e apparire anche sotto forma d‘immagini o impulsi ma tutti hanno in comune il fatto che impauriscono o fanno sentire in colpa la persona che li ha. La paura o il senso di colpa che provocano spingono spesso a mettere in atto delle azioni ripetitive che hanno l’obiettivo di rassicurare e dare un pò di sollievo. Queste azioni, che possono essere anche mentali, si chiamano compulsioni o rituali.

Quali sono le ossessioni e le compulsioni più frequenti?

Le persone con DOC possono preoccuparsi eccessivamente dello sporco e dei germi o avere dubbi sul poter essere involontariamente responsabili di un qualche incidente (es. aver lasciato il rubinetto del gas aperto, aver investito qualcuno con l’auto). In questo caso le compulsioni più tipiche sono il lavarsi ripetutamente le mani, ricontrollare più volte il gas, ripercorrere più volte la strada fatta.

Possono presentarsi dubbi sul propria sessualità (es. timore di essere omosessuale o pedofilo), sulla propria fede (es. a causa di pensieri o immagini blasfemi) o sulla propria relazione sentimentale (chiamato DOC da relazione; es. “l’amo davvero?” “E’ la persona giusta?”). I rituali più frequenti in questo caso possono essere controllare di non avere un erezione guardando un uomo o un bambino, crearsi immagini sacre che scaccino quelle blasfeme oppure passare mentalmente in rassegna tutte le prove che la propria partner è quella giusta.

In altri casi chi soffre di DOC può essere spaventato da immagini in cui si vede far del male a persone care o vulnerabili come anziani o bambini. In questi casi il “rimedio” più frequente è stare lontano da luoghi frequentati da anziani o bambini oppure evitare di utilizzare utensili da cucina, come coltelli.

Altre volte le ossessioni possono presentarsi sotto forma di timori superstiziosi (ad es. se adesso pesto la striscia pedonale mia madre morirà oppure se ho un pensiero negativo mentre studio boccerò l’esame). Per contrastare questi timori il paziente con DOC potrà crearsi dei rituali mentali come fare complessi conteggi, o ripetere una parola o frase magica un preciso numero di volte oppure ripetere un’azione cercando di avere un pensiero “buono”.

Altre volte ancora i pensieri hanno a che fare con l’ordine e la simmetria (es. il pensiero che un quadro sia storto, o che la casa non sia riordinata in modo corretto o che una certa attività non venga fatta nel modo “giusto”). Le compulsioni in questo caso saranno rifare più volte una cosa fino a che non si sente di averla fatta nel modo giusto oppure allineare e riordinare continuamente oggetti.

Disturbo d’ Ansia Generalizzato

disturbo ansia generalizzatoIl disturbo d’ansia generalizzato è un disturbo d’ansia caratterizzato da uno stato di preoccupazione eccessivo in intensità, durata o frequenza (attesa apprensiva) circa una molteplice varietà di tematiche di vita quotidiana (lavoro, famiglia, relazioni, salute propria e dei propri cari…).

Tale stato, inoltre, non risulta associato a specifiche circostanze, da qui il nome “Generalizzato” è difficile da controllare per chi lo sperimenta ed è presente nel soggetto per la maggior parte del tempo per almeno sei mesi.
Le preoccupazioni eccessive sono accompagnate da almeno tre dei seguenti sintomi:

irrequietezza;

facile affaticabilità;

difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria;

irritabilità;

disturbi del sonno;

tensione muscolare

Molte persone che soffrono di questo disturbo tendono a considerare lo stato ansioso che solitamente sperimentano come una caratteristica della loro personalità, piuttosto che un disturbo vero e proprio. In alcuni casi, tuttavia, il disturbo si presenta in maniera discontinua nel corso della vita, in particolare nei periodi di forte stress.
Le preoccupazioni sono considerate eccessive sia dagli altri che dal paziente che cerca inutilmente di controllarle o eliminarle.
Differentemente da quello che si può pensare si tratta di un disturbo piuttosto comune, colpisce infatti circa il 3 percento della popolazione.

È esperienza comune, per ognuno di noi, sperimentare ansia e preoccupazioni per eventi della vita quotidiana, ma chi soffre di disturbo d’ansia generalizzato avverte tale preoccupazione come eccessiva, poco controllabile, dilagante fino ad interferire significativamente con il funzionamento sciale, lavorativo del soggetto.
Il programma di trattamento cognitivo-comportamentale che al momento si è dimostrato più efficace comprende

  1. fase d’informazione sul disturbo e sulla natura dell’ansia e delle preoccupazioni;
  2. tecniche di rilassamento;
  3. ristrutturazione di pensieri ansiogeni disfunzionali;
  4. gestione delle preoccupazioni e apprendimento di modalità efficaci di risoluzione dei problemi
  5. metodo strutturato di risoluzione dei problemi
  6. agire e modificare quei comportamenti che mantengono la preoccupazione e l’ansia

Disturbo d’ Ansia Sociale

fobia socialeLa fobia Sociale è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla paura di essere osservati, di essere giudicati negativamente in situazioni sociali o durante lo svolgimento di un’attività.

La fobia sociale può essere specifica se circoscritta ad una singola situazione sociale o generalizzata se coinvolge più situazioni.

Tale disturbo è piuttosto comune: gli studi scientifici indicano che colpisce tra il 3% ed il 5% della popolazione generale, in particolare donne. Poiché chi soffre di fobia sociale difficilmente richiede aiuto agli specialisti perché sottovaluta il suo problema o se ne vergogna, è probabile che tale disturbo sia ancora più diffuso di quanto indicato dalle ricerche.
Generalmente la fobia sociale compare più o meno bruscamente nell’adolescenza, intorno ai 15 anni, dopo un’infanzia caratterizzata da inibizione e timidezza. In seguito tende a mantenersi nel tempo, con variazioni di gravità legate agli eventi di vita.

Ciò che si teme maggiormente è il giudizio negativo degli altri. In genere,  chi soffre di questo disturbo teme di poter dire o fare cose imbarazzanti e che  gli altri possano trovargli dei difetti o che lo possano ritenere incompetente o strano. Ha questa paura quando parla con gli altri, quando fa qualcosa mentre gli altri lo guardano o anche semplicemente quando si trova in mezzo agli altri e anche quando vi è solo la possibilità di attirare l’attenzione degli altri. Ha in particolare paura di essere giudicato male dagli altri se si dovessero accorgere che è ansioso (che ad esempio arrossisce, suda, trema) oppure perché potrebbe dire o fare qualcosa di sbagliato o imbarazzante, apparire goffo, avere un attacco di panico. Qualcuno ha anche paura che gli altri possano trovare spiacevoli e criticare particolari caratteristiche del suo aspetto.

Le situazioni più frequentemente temute sono: parlare in pubblico (ad es. fare un discorso), andare ad una festa, scrivere o firmare davanti a qualcuno, fare la fila, usare il telefono in presenza di altre persone, mangiare o bere in pubblico, usare bagni pubblici o mezzi di trasporto pubblici. Alcuni temono di avere funzioni corporee imbarazzanti al momento sbagliato, ad esempio di perdere il controllo dell’intestino o della vescica, di emettere flatulenze, di vomitare.

Alcuni hanno più paura delle situazioni in cui viene loro richiesta una prestazione, altri delle occasioni di interazione sociale. In quest’ultimo caso, chi soffre di fobia sociale spesso teme di non avere niente da dire o di dire qualcosa di sbagliato, di sembrare noioso o comunque di essere giudicato inadeguato. Prima di affrontare un evento temuto, il soggetto può sviluppare ansia anticipatoria (comincia a preoccuparsi molto tempo prima) immaginando ripetutamente il verificarsi di quell’evento. Le immagini di ciò che si teme possono presentarsi per giorni, aumentando, così,  il livello d’ansia.
In alcune occasioni, l’ansia può diventare così intensa da ostacolare realmente il soggetto nello svolgimento dei suoi compiti. Chi soffre di fobia sociale, dunque, quando ha un livello d’ansia molto elevato, può avere realmente delle prestazioni scadenti. L’avverarsi di ciò che si teme di più, di solito, causa ulteriore imbarazzo, vergogna o senso di umiliazione. Si può instaurare, così, un circolo vizioso che autoalimenta il disturbo, in quanto mantiene nel tempo il timore del giudizio negativo e l’ansia anticipatoria.

Questo disturbo è caratterizzato anche da condotte di evitamento, per cui il soggetto evita le situazioni temute. In alcuni casi tali evitamenti possono portare all’isolamento sociale della persona.
Per tenere sotto controllo l’ansia e l’eventualità di essere giudicati negativamente, si possono mettere in atto anche i cosiddetti comportamenti protettivi. Ad esempio il soggetto può non togliere la giacca in un ambiente caldo per non far vedere che suda, creando, così, le condizioni per sudare ancora di più e sentirsi ancora di più in imbarazzo.
I comportamenti protettivi, come quelli di evitamento, temporaneamente riducono il timore di fare una brutta figura, ma alla lunga peggiorano i sintomi.

Dalla ricerca scientifica risulta che la terapia cognitivo-comportamentale è uno dei trattamenti più efficaci per la cura della fobia sociale.

Solitamente l’intervento singolo o di gruppo comprende:

  1. componente psicoeducativa dove vengono date approfondite informazioni sul disturbo, sulle sue cause e su ciò che lo mantiene;
  2. individuazione dei pensieri disfunzionali alla base del disturbo e messa in discussione di    tali interpretazioni mediante specifiche tecniche
  3. tecniche di gestione dell’ansia (rilassamento muscolare, respirazione diaframmatica);
  4. esposizione graduale ai pensieri ed agli stimoli temuti ed evitati, mediante il ricorso a    specifiche tecniche (es. esposizione immaginativa, enterocettiva ed in vivo)
  5. assertività (allenamento sulle tecniche di comunicazione).

Disturbi da Sintomi Somatici/Ipocondria/Disturbo di Ansia per la Salute

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COSA SONO I DISTURBI DA SINTOMI SOMATICI E CORRELATI?

Il DSM V ha introdotto una nuova categoria diagnostica dei Disturbo da sintomi somatici e disturbo correlati.

Il disturbo da sintomi somatici si trova  in questa nuova sezione (assieme al disturbo di ansia per la salute e al disturbo di conversione)

Il minimo comune denominatore di questo raggruppamento è la rilevanza dei sintomi somatici che causano marcato disagio e compromissione della persona e sono accumunati dalla preponderante attenzione incentrata alle preoccupazioni somatiche e sul fatto che la persona tenderà principalmente a rivolgersi a strutture mediche piuttosto che di salute psicologica.

COS’è IL DISTURBO DA SINTOMI SOMATICI?

Il disturbo da sintomi somatici è la presenza di segni e sintomi somatici che sono accompagnati da pensieri emozioni e comportamenti che accompagnano la sintomatologia. Infatti ciò che identifica il problema non sono i sintomi somatici in quanto tali ma il modo in cui la persona li vive e li interpreta. Pertanto la valutazione delle componenti cognitive e affettive offre una possibilità molto più ampia nella valutazione della problematica non circoscritta solamente alla componente fisica.

Le persone con disturbo da sintomi somatici presentano o alcuni sintomi somatici che procurano disagio e compromissione della vita quotidiana, oppure se presente solo si tratta di un sintomo grave come il dolore.  Possono essere riferiti sia sintomi specifici come i dolori localizzati oppure relativamente aspecifici. Come visto in precedenza la presenza di sintomi che non vengono spiegati da una condizione medica non è sufficienti per una diagnosi in tal senso poiché la sofferenza della persona è reale e al centro dell’attenzione pertanto la diagnosi non esclude la presenza di una patologia medica.

Inoltre si riscontrano livelli molto elevati di preoccupazione riguardanti la malattia e spesso la valutazione della gravità della sintomatologia è eccessivamente minacciosa o dannosa. Nei quadri più gravi tali preoccupazioni possono assumere la centralità dell’attenzione della vita della persona come una caratteristica dell0identita andando a ripercuotersi nelle relazioni interpersonali. Si riscontra spesso, inoltre, un elevato utilizzo di cure mediche che non alleviano le preoccupazioni.

Come si manifesta questo problema?

Il quadro è spesso associato da caratteristiche di tipo cognitivo come l’attenzione focalizzata sui sintomi, la tendenza ad attribuire normali sensazioni fisiche ad una malattia organica (eventualmente con interpretazioni catastrofiche) paura di essere malati o timori che attività fisiche possano essere nocive. Accanto a tali aspetti, possono esserci a livello comportamentale controlli del corpo per ricercare (o escludere) anomalie, o numerose richieste di visite mediche. Le rassicurazioni da parte dei dottori hanno solitamente breve durata o possono essere vissute come se non i sintomi non siano stati presi in considerazione con la dovuta serietà.

Con lo sviluppo dei nuovi criteri l’intento è stato quello di allontanarsi dall’idea che i sintomi non dovessero essere spiegati da una condizione medica, anzi. Questo aspetto si considera piuttosto rilevante anche nel superamento del dualismo mente e corpo che era rafforzata dalla possibilità di diagnosticare un problema psichiatrico solo se non ne veniva riconosciuta la causa medica. In realtà ci sono condizioni in cui si possono verificare comorbidità sia sul piano medico che su quello psichiatrico per esempio.  Inoltre proprio per la rilevanza della mancanza di una spiegazione medica nella diagnosi si correva si troppo il rischio di minimizzare la diagnosi quasi come se il sintomo fisico non fosse “reale”, cosa che con l’ultima classificazione diagnostica è stato completamente superato.

Tra i fattori che contribuiscono allo sviluppo di queste problematiche è possibile riscontrare una vulnerabilità genetica (per esempio una maggiore sensibilità al dolore), esperienze precoci traumatiche, e di apprendimento (per esempio scarsa attenzione data alle espressioni di disagio non somatiche) e norme culturali che stigmatizzano la sofferenza psicologica piuttosto che quella fisica.

COS’è IL DISTURBO DA ANSIA DI MALATTIA? (o Ipocondria)

Molte persone che prima ricevevano la diagnosi di Ipocondria ad oggi soddisfano i criteri di disturbo da sintomi somatici ma possono anche soddisfare la diagnosi di disturbo da ansia di malattia.

Il disturbo da ansia di malattia consiste nella preoccupazione di avere o contrarre una malattia grave non diagnosticata. I sintomi somatici non sono presenti o di lieve entità (e questo lo differenzia dal disturbo da sintomi somatici) e una accurata valutazione medica non giustifica la preoccupazione della persona. Il disagio della persona non deriva dal sintomo o dal segno in sé ma dalle preoccupazioni che questo scatena per il suo significato o per la diagnosi che potrebbe esservi associata che non rispondono alle rassicurazioni mediche o a visite specialistiche o a decorsi benigni. I sintomi che possono essere presenti sono magari normali sensazioni fisiologiche (es vertigini) o disfunzioni benigne. Laddove invece fossero presenti condizioni mediche l’ansia della persona risulta sproporzionata rispetto alla gravità della malattia stessa. Poiché le manifestazioni sono legate all’ansia della malattia le persone si allarmano facilmente anche sentendo notizie o apprendendo che qualcuno si è ammalato. La malattia diventa il centro dell’identità e dell’immagine di sé, nonché una reazione caratteristica a eventi di vita stressanti.

A livello comportamentale si riscontrano controlli ripetuti si se stessi, o con ripetute ricerche online o di rassicurazioni da parte di medici amici e familiari che spesso provocano tensioni a livello delle relazioni interpersonali. Si possono riscontrare, a volte, evitamenti di situazioni (esercizio fisico o andare a trovare persone malate) per il timore che questo possa inficiare nel loro stato di salute. Tali persone si rivolgono con maggiore facilità a strutture mediche molto più che rivolgersi a professionisti della salute mentale anche se tuttavia possono essere troppo ansiosi per rivolgersi al medico e quindi avere condotto di vero e proprio evitamento di esami e visite, le quali laddove vengano effetuate  non sono comunque in grado di rassicurare e spesso comportano insoddisfazione e la sensazione di non essere presi sul serio. Si considera che questo disturbo abbia un esordio nella prima età adulta o nella mezza età, raro nei bambini.

Ci sono fattori che possono contribuire all’insorgere di questo problema?

Tra i fattori di rischio ambientali talvolta può essere scatenato da un forte stress o da una minaccia per la vita dell’individuo, grave, ma comunque benigna per la sua salute. Abusi e storie di malattie nell’infanzia possono predisporre allo sviluppo in età adulta.

Come si cura?

Per quanto riguarda il trattamento l’attuale il DSM 5 (Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali) propone una presa in carico maggiormente volta alla persona nella sua interezza permettendo di superare la dicotomia mente e corpo; (la passata classificazione infatti DSM-IV si focalizzava molto sui sintomi non spiegabili da un punto di vista medico ) mentre adesso viene dato rilievo al grado in cui i pensieri, le emozioni e i comportamenti della persona relativamente ai propri sintomi somatici possano essere sproporzionati o eccessivi.

All’interno delle linee guida NICE (National Institute for Health and Care Excellence) esistono studi che hanno valutato positivamente e continuano a valutare il trattamento cognitivo-comportamentale (CBT= Cognitive Behavioural Therapy) sul disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati. In particolare, esistono studi che stanno valutando l’efficacia della Mindfulness sul trattamento dei disturbi da sintomi somatici e disturbi correlati.

L’intervento si propone di utilizzare tecniche che possano favorire l’alfabetizzazione emotiva, la sostituzione dei pensieri disfunzionali con pensieri più funzionali, la diminuzione dell’attenzione focalizzata in maniera rigida e mono-tematica, la gestione più adattiva di eventi stressanti, un accesso più consapevole ai propri bisogni, una interazione con gli altri più funzionale. Per questi motivi, si propone un intervento che, a seconda dei casi, oltre alla psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), possa attingere, ove necessario, ad altri trattamenti evidence-based quali la Mindfulness (CBT di terza ondata) e l’elaborazione del trauma e l’installazione di risorse tramite lEMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) laddove fossero presenti aspetti trauma correlati; sarà a cura di una attenta ed olista valutazione da parte del clinico, orientare verso un percorso personalizzato che possa tenere cura di quelle che sono le esigenze specifiche della persona.

Disturbo Post Traumatico da Stress

post traumaticoIl Disturbo Post Traumatico da Stress si manifesta in conseguenza di un fattore traumatico estremo, in cui la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri, come, ad esempio, aggressioni personali, disastri, guerre e combattimenti, rapimenti, torture, incidenti, malattie gravi.


La risposta della persona comprende paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore e l’evento traumatico viene rivissuto persistentemente con ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni, incubi e sogni spiacevoli, agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando, disagio psicologico intenso all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico, reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico, evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale, aumentato, difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, Irritabilità o scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme.

L’insorgenza del Disturbo Post Traumatico da Stress può intervenire anche a distanza di mesi dall’evento traumatico e la sua durata può variare da un mese alla cronicità; per questo si rende necessario trattare immediatamente e capacità di prevedere gli eventi, di poter elaborare strategie di problem solving o utilizzare le nostre esperienze passate. Un evento traumatico grave comporta la riorganizzazione del nostro abituale modo di pensare e prevedere profondamente il disturbo.

Le cause del Disturbo Post-traumatico da Stress sono rintracciabili nella natura stessa dell’evento  traumatico e in ciò che esso comporta rispetto al danno, alle  aspettative, al modo abituale di reagire delle persone e, soprattutto, alle capacità previsionali di ognuno. Un evento catastrofico imprevisto ci lascia disarmati rispetto alle nostre abituali le cose, ci lascia disarmati rispetto alla nostra capacità di essere padroni del nostro destino. Queste variabili personali incidono sull’esordio e sulla gravità del disturbo. Un grave incidente, la perdita inaspettata di una persona cara,  annullano le nostre capacità previsionali e i  nostri piani  proiettandoci  in un mondo ignoto governato dall’ansia, dall’angoscia, dallapaura e dalla disperazione. Il continuo stato di allarme e ansia che si vive nel Disturbo Post-traumatico da Stress segnala la perdita di questa capacità previsionale. L’evento traumatico spesso non viene ricordato con precisione ed il ricordo, nella maggior parte dei casi, appare confuso, frammentato, irreale. Recenti ricerche hanno dimostrato che questo oblio sia dovuto ad un “corto circuito” dei meccanismi cerebrali che hanno la funzione di registrare gli eventi; sembra, infatti, che l’esperienza traumatica sia talmente forte da alterare i normali meccanismi di immagazzinamento dell’informazione del cervello. Questa alterazione della memoria  è responsabile delle continue intrusioni di frammenti di ricordi, accompagnate da ansia, angoscia, terrore, che invadono la persona che ha subito il trauma.

Trattamento:

l’esposizione: utile per ridurre le situazioni di evitamento, il soggetto viene invitato a rivivere l’avvenimento nella propria immaginazione e a raccontarlo al terapeuta.

Ri-etichettamento delle sensazioni somatiche:la discussione concreta sulla natura di diverse sensazioni favorisce una categorizzazione ed una più realistica adesione ad un modello dei sintomi di ansia come effetti della sindrome da stress. Rilassamento e respirazione addominale: le tecniche di rilassamento e di educazione respiratoria sono uno strumento “sotto controllo” del paziente, il quale può utilizzarle quotidianamente ed in modo autonomo per alleggerire la tensione e lo stress.

Ristrutturazione cognitiva: il soggetto può essere aiutato a riconoscere i propri pensieri automatici e spontanei legati all’evento traumatico, pensieri che spesso sono intrusivi, rapidi ed istantanei;

EMDR: la desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (Eye Movement desensitisation and reprocessing) è una nuova tecnica messa a punto da F.Shapiro nel 1989 si basa sulla scoperta che alcuni stimoli esterni possono essere particolarmente efficaci per superare un grave trauma. In particolare, l’esecuzione di alcuni movimenti oculari da parte del paziente durante la rievocazione dell’evento permette di riprendere o di accelerare l’elaborazione delle informazioni legate al trauma.

Fobie Specifiche

fobie specifiche
Una fobia è una paura marcate e persistente che presenta peculiari caratteristiche:

1) è particolarmente intensa

(l’individuo in presenza dell’oggetto della sua paura può provare aumento del battito cardiaco,
sudorazione, tremore, mancanza d’aria, tensione muscolare, nodo allo stomaco e nausea, impulso a scappare, paura che possa accadere qualcosa di grave ecc..)

2) porta all’evitamento della situazione di cui si ha paura

(il fobico non si avvicina all’oggetto temuto o fugge via, si distrae pensando ad altro o parlando con qualcuno, assume alcol o tranquillanti)

3) appare come insensata e irrazionale

(spesso gli altri considerano tali paure come infantili e immotivate, chi le vive è consapevole di ciò
ma continua ad aver paura suo malgrado).

L’ansia da fobia, o “fobica”, si esprime con sintomi fisiologici come: tachicardia, disturbi gastrici
e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e
spossatezza.
La tendenza ad evitare tutte le situazioni o condizioni che possono essere associate alla paura,
sebbene riduca sul momento gli effetti dell’ansia, in realtà costituisce un circolo pericoloso:
ogni evitamento, infatti, conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l’evitamento
successivo. In termini tecnici si dice che ogni evitamento rinforza negativamente la paura. Tale
spirale di progressivi evitamenti produce l’incremento, non solo della sfiducia nelle proprie risorse,
ma anche della reazione fobica della persona, al punto da interferire significativamente con il
funzionamento scolastico oppure con le attività o le relazioni sociali. Il disagio diviene così sempre
più limitante.

Le fobie più comuni hanno come oggetto:

  • buio
  • altezza
  • animali (cani, insetti, rettili ecc..)
  • spazi chiusi
  • acqua
  • sangue e ferite

In realtà il tentativo di classificare le fobie in base al nome dell’oggetto o dell’evento si è rivelata
nel tempo impresa molto ardua poiché la fonte dell’ansia non è l’oggetto in sè, ma le conseguenze
dannose cui la persona potrebbe andare incontro in presenza dell’oggetto o quando si verifica
l’evento. Praticamente le fobie sono tante quanti sono gli oggetti o gli eventi che possono
determinare paura.

L’approccio cognitivo-comportamentale è considerato in assoluto l’intervento migliore in quanto
a brevità ed efficacia, per le fobie specifiche. Il cuore dell’intervento è l’esposizione graduale

alle situazioni temute. Psicologo e paziente costruiscono insieme una gerarchia di situazioni
temute dalla meno alla più paurosa che vengono affrontate con gradualità, o nella realtà o
nell’immaginazione. Per aiutare il paziente ad affrontare le situazioni temute (ad eccezione della
fobia per il sangue) vengono inoltre insegnate tecniche di controllo dell’ansia (rilassamento e
respirazione diaframmatica).

RIFERIMENTI SCIENTIFICI

Andrews, G. et al. (2003). Trattamento dei disturbi d’ansia: guide per il clinico e manuali per chi
soffre del disturbo.Torino: centro scientifico editore.

LETTURE CONSIGLIATE

Marks, IM (2002). Ansia e paure. Comprenderle, affrontarle e dominarle. Milano: McGraw-Hill.

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