Psicologia, Psichiatria e Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale Centro di Schema Therapy EMDR e Mindfulness ad Arezzo

Archivio per la categoria EMDR

Elaborare i Traumi

Articolo a cura della Dr.ssa Chiara Mercurio

 

 

 

 

 

 

 

Perché, a volte, non riusciamo a lasciarci il passato alle spalle?
È possibile elaborare un trauma, anche a distanza di anni?

Forse qualcuno si stupirà leggendo questa frase: il nostro cervello è fisiologicamente orientato alla salute, è biologicamente programmato all’autoguarigione .
In realtà non dovrebbe stupirci se pensiamo che anche quest’organo fa parte del nostro corpo: quando ci feriamo, il nostro organismo produce una serie di modificazione che permettono la cicatrizzazione della ferita e la guarigione. Allo stesso fine è programmato il cervello.
Tutte le esperienze che facciamo nella nostra vita, dalle più banali a quelle più complesse, vengono elaborate dal cervello in modo che vadano a far parte del nostro patrimonio di conoscenze, che ci saranno utili per affrontare altri eventi. In condizioni normali, le informazioni che provengono dalle esperienze che facciamo vengono elaborate creando collegamenti con esperienze passare favorendo la riduzione dello stress, il processo di risoluzione dei problemi, ecc. Ciò è possibile perché esiste un sistema innato in tutte le persone, fisiologicamente orientato ad elaborare le informazioni nell’ottica dell’autoguarigione.
Naturalmente, il nostro cervello è predisposto ad elaborare anche quelle esperienze che possono suscitare in noi emozioni spiacevoli molto intense.
Ci sono casi, però, in cui questo meccanismo si “inceppa” e non riesce ad elaborare efficacemente un episodio. Ecco, allora, che il detto “il tempo cura tutte le ferite” non sempre è vero: alcune esperienze possono rimanere congelate nella nostra memoria così come le abbiamo vissute e, a distanza di settimane, mesi e addirittura anni, possono riattivarsi con tutte le emozioni, sensazioni fisiche e pensieri di quando l’evento si è verificato. I sintomi, le problematiche che sperimentiamo nel presente sono il risultato dell’attivazione di ricordi non elaborati.

Oggi parliamo di alcuni tipi di esperienze che possono essere “mal digerite” dal nostro cervello: parliamo dei traumi con la T maiuscola, che comprendono disastri naturali (terremoti, inondazioni), incidenti, abusi sessuali, ecc. ovvero tutte quelle esperienze che hanno comportato un rischio per la propria incolumità o quella altrui.
In seguito all’esposizione a situazioni del genere è possibile sviluppare un Disturbo da Stress Post Traumatico.
Ecco il primo criterio per poter fare diagnosi, secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5) .
La persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti:
1) la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri.
2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore.
Sottolineiamo che non sempre vivere un evento traumatico porta necessariamente ad un Disturbo da Stress Post Traumatico. Quando, allora, sospettare di averlo sviluppato? È necessario che siano presenti una serie di sintomi, come previsto dal Manuale.
Eccone alcuni:
− L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente, ad esempio con ricordi spiacevoli, ricorrenti e intrusivi dell’evento (immagini, pensieri, sogni spiacevoli, sensazioni di rivivere l’esperienza, flashback, reattività fisiologica, ecc.);
− Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), ad esempio sforzi per evitare pensieri, sensazioni, attività, persone, luoghi associati al trauma, riduzione dell’interesse per attività prima significative, affettività ridotta, sentimenti di diminuzione delle prospettive future, ecc.;
− Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come disturbi del sonno, irritabilità, difficoltà di concentrazione, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme;
− Questi sintomi devono essere presenti per almeno un mese.

Come possiamo affrontare questo disturbo? Ad oggi, uno degli approcci scientificamente validati e riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da molte altre associazioni a livello internazionale come trattamento efficace per la cura del trauma e dei disturbi ad esso correlati è l’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari). “Dopo una o più sedute di EMDR, i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico vengono desensibilizzati, cioè perdono la loro carica emotiva negativa. Il cambiamento può essere molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento, come mostrato dalla ricerca. L’immagine del trauma cambia nei contenuti e nel modo in cui si presenta, i pensieri intrusivi in genere si attutiscono o spariscono, diventando più adattivi e le emozioni e sensazioni fisiche si riducono di intensità. Dal punto di vista clinico e diagnostico, dopo un trattamento con EMDR il paziente non presenta più la sintomatologia tipica del disturbo da stress post-traumatico, quindi non si riscontrano più gli aspetti di intrusività dei pensieri e ricordi, i comportamenti di evitamento e l’iperarousal neurovegetativo nei confronti di stimoli legati all’evento, percepiti come pericolo. Un altro cambiamento significativo è dato dal fatto che la persona discrimina meglio i pericoli reali da quelli immaginari condizionati dall’ansia”.

Bibliografia
Shapiro, F., Lasciare il passato nel passato. Astrolabio, Roma 2013.
American Psychiatric Association (2014), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina

EMDR: Una nuova terapia per il trattamento dei Traumi

A cura della Dr.ssa Giovanna Mengoli

 

“Puoi lasciarti indietro ciò che ti insegue, ma non puoi lasciarti indietro ciò che corre dentro di te”

Proverbio africano.

 

COSA SI INTENDE PER TRAUMA PSICOLOGICO?

Sono state date molte definizioni di Trauma Psicologico nel corso della storia, ma cosa si intende davvero con questo termine?

Ci può venire in aiuto l’etimologia stessa della parola, che deriva dal greco e che vuol dire “ferita”. Il trauma psicologico, dunque, può essere definito come una “ferita dell’anima”, come qualcosa che rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo e che ha un impatto negativo sulla persona che lo vive.

Esistono diverse forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui può andare incontro una persona nel corso della vita.

Esistono i “piccoli traumi” o “t”, ovvero quelle esperienze soggettivamente disturbanti che sono caratterizzate da una percezione di pericolo non particolarmente intesa. Si possono includere in questa categoria eventi come un’umiliazione subita o delle interazioni brusche con delle persone significative durante l’infanzia.

Accanto a questi traumi di piccola entità si collocano i traumi T, ovvero tutti quegli eventi che portano alla morte o che minacciano l’integrità fisica propria o delle persone care. A questa categoria appartengono eventi di grande portata, come ad esempio disastri naturali, abusi, incidenti etc.

L’essere stato vittima di un evento traumatico porta a conseguenze che possono essere riscontrabili non solo a livello emotivo, ma lasciano il segno anche nel corpo di chi è sopravvissuto a uno di questi eventi.

Ad oggi la psicoterapia ha fatto notevoli passi in avanti per il superamento delle conseguenze legate al trauma.

 Cos’è l’EMDR

L’EMDR (Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) è un trattamento per le conseguenze delle esperienze traumatiche.

L’EMDR si è imposto per la sua efficacia come strumento elettivo per la terapia dello stress post-traumatico ed è stato come tale riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della sanità.

L’EMDR usa i movimenti oculari attraverso una stimolazione bilaterale per facilitare e accelerare la desensibilizzazione e l’elaborazione di eventi traumatici disturbanti.

L’approccio EMDR offre l’occasione non solo per rielaborare i traumi del passato, ma anche per potenziare le capacità personali e le risorse individuali, per affrontare le sfide della vita quotidiana, per andare davvero “oltre il trauma”.

Dr.ssa Giovanna Mengoli 

Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

Practitioner EMDR

Iscritta all’ Albo degli Psicologi della Toscana Nr. 6087

Il lutto psicologia cognitivo – evoluzionista e EMDR

A cura della dott.ssa Giovanna Mengoli

Gli autori trattano il tema del cordoglio con una ricchezza di riflessioni teoriche e cliniche  ponendo l’accento sul delicato equilibrio tra il lutto come processo psicologico connotato alla natura umana e il lutto patologico, dove il dolore diventa qualcosa di troppo forte, soverchiante e per tale motivo avente la capacità di disorganizzare le nostre esistenze arrivando in alcuni casi a tramandarsi come fattore di vulnerabilità nella vita delle generazioni successive.

Il libro di Antonio Onofri e Cecilia La Rosa, innanzitutto, affronta il tema dei lutti reali, non simbolici, non metaforici, ma del lutto inteso come esperienza di perdita dolorosa per la morte di una persona alla quale si è profondamente legati.

L’elemento su cui viene posto l’accento è che attraverso il lutto comprendiamo la natura intersoggettiva della nostra esistenza, mettendo in evidenza che quando i legami sono davvero significativi dopo la perdita possano soltanto trasformarsi e non finire del tutto.

Quando perdiamo qualcuno ci sentiamo inizialmente confusi, increduli, incapaci di credere che la persona a cui eravamo profondamente legati non ci sia più.

Per tale motivo inizia una ricerca pervasiva, allarmata, rabbiosa derivante dall’abbandono subito, ovvero si attiva in modo potente il nostro innato sistema d’attaccamento.

Il nostro sistema d’attaccamento è quel sistema innato che si attiva quando abbiamo bisogno d’aiuto, quando abbiamo bisogno dell’altro.

Ma naturalmente quando l’altro non c’è più, di fronte all’impossibilità del ricongiungimento proviamo  rabbia  che in seguito si trasforma in  disperazione, angoscia ed infine profonda tristezza.

Diventa a questo punto necessario attraversare il cordoglio, sopportare tutto il dolore emotivo che l’accompagna, accettare l’ineluttabilità della perdita e riorganizzare la relazione perduta esplorando un nuovo modo di “stare nel mondo” e una nuova relazione interna, viva, con il defunto; non di fine si tratta, dunque, ma di trasformazione.

Ed è quel particolare tipo di relazione, unica e indissolubile, a rendere il cordoglio, se pur universale in molte delle sue manifestazioni, così soggettivo.
Se nel processo fisiologico del lutto la relazione si trasforma e troviamo un graduale riattivarsi della capacità di reinvestire in nuovi interessi, attività, relazioni, è quando il lutto si complica che diventa difficile riappropriarsi della propria esistenza che resta ferma e disorientata in uno stato di minaccia, attesa, ricerca disperata, collera.

Gli autori descrivono tutta una serie di variabili bio – psico – sociali che concorrono a complicare il lutto o, in alcuni casi, a generare una reazione post-traumatica a tutti gli effetti.

Proprio quando il lutto da processo fisiologico si trasforma in lutto complicato c’è necessità di un  intervento terapeutico in grado di riattivare il processo naturale che conduce dalla disperazione per la perdita, al ricrearsi di una nuova relazione con la persona che è stata parte fondante e fondamentale della nostra stessa esistenza.

Gli autori descrivono possibili strade terapeutiche, come la Psicoterapia cognitivo – evoluzionista e l’EMDR, attraverso le quali il dolore si riorganizza e diventa maggiormente  tollerabile da poter essere vissuto e integrato nella nostra stessa esistenza. amore in assenza.

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Onofri, A., La Rosa, C. (2015). Il lutto. Psicoterapia cognitivo – evoluzionista e EMDR. Giovanni Fioriti Editore, Roma.

ELABORARE UN TRAUMA

Articolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a cura della dr.ssa Chiara Mercurio

È possibile elaborare un trauma, anche a distanza di anni?

Perché, a volte, non riusciamo a lasciarci il passato alle spalle?

 

Forse qualcuno si stupirà leggendo questa frase: il nostro cervello è fisiologicamente orientato alla salute, è biologicamente programmato all’autoguarigione.

In realtà non dovrebbe stupirci se pensiamo che anche quest’organo fa parte del nostro corpo: quando ci feriamo, il nostro organismo produce una serie di modificazione che permettono la cicatrizzazione della ferita e la guarigione. Allo stesso fine è programmato il cervello.

Tutte le esperienze che facciamo nella nostra vita, dalle più banali a quelle più complesse, vengono elaborate dal cervello in modo che vadano a far parte del nostro patrimonio di conoscenze, che ci saranno utili per affrontare altri eventi.

In condizioni normali, le informazioni che provengono dalle esperienze che facciamo vengono elaborate creando collegamenti con esperienze passare favorendo la riduzione dello stress, il processo di risoluzione dei problemi, ecc. Ciò è possibile perché esiste un sistema innato in tutte le persone, fisiologicamente orientato ad elaborare le informazioni nell’ottica dell’autoguarigione.

Naturalmente, il nostro cervello è predisposto ad elaborare anche quelle esperienze che possono suscitare in noi emozioni spiacevoli molto intense.

Ci sono casi, però, in cui questo meccanismo si “inceppa” e non riesce ad elaborare efficacemente un episodio. Ecco, allora, che il detto “il tempo cura tutte le ferite” non sempre è vero: alcune esperienze possono rimanere congelate nella nostra memoria così come le abbiamo vissute e, a distanza di settimane, mesi e addirittura anni, possono riattivarsi con tutte le emozioni, sensazioni fisiche e pensieri di quando l’evento si è verificato. I sintomi, le problematiche che sperimentiamo nel presente sono il risultato dell’attivazione di ricordi non elaborati.

Oggi parliamo di alcuni tipi di esperienze che possono essere “mal digerite” dal nostro cervello: parliamo dei traumi con la T maiuscola, che comprendono disastri naturali (terremoti, inondazioni), incidenti, abusi sessuali, ecc. ovvero tutte quelle esperienze che hanno comportato un rischio per la propria incolumità o quella altrui.

In seguito all’esposizione a situazioni del genere è possibile sviluppare un Disturbo da Stress Post Traumatico.

Ecco il primo criterio per poter fare diagnosi, secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5) .

La persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti:

1) la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri.

2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore.

Sottolineiamo che non sempre vivere un evento traumatico porta necessariamente ad un Disturbo da Stress Post Traumatico. Quando, allora, sospettare di averlo sviluppato? È necessario che siano presenti una serie di sintomi, come previsto dal Manuale.

Eccone alcuni:

− L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente, ad esempio con ricordi spiacevoli, ricorrenti e intrusivi dell’evento (immagini, pensieri, sogni spiacevoli, sensazioni di rivivere l’esperienza, flashback, reattività fisiologica, ecc.);

− Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), ad esempio sforzi per evitare pensieri, sensazioni, attività, persone, luoghi associati al trauma, riduzione dell’interesse per attività prima significative, affettività ridotta, sentimenti di diminuzione delle prospettive future, ecc.;

− Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come disturbi del sonno, irritabilità, difficoltà di concentrazione, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme;

− Questi sintomi devono essere presenti per almeno un mese.

Come possiamo affrontare questo disturbo?

Ad oggi, uno degli approcci scientificamente validati e riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da molte altre associazioni a livello internazionale come trattamento efficace per la cura del trauma e dei disturbi ad esso correlati è l’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari). “Dopo una o più sedute di EMDR, i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico vengono desensibilizzati, cioè perdono la loro carica emotiva negativa. Il cambiamento può essere molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento, come mostrato dalla ricerca. L’immagine del trauma cambia nei contenuti e nel modo in cui si presenta, i pensieri intrusivi in genere si attutiscono o spariscono, diventando più adattivi e le emozioni e sensazioni fisiche si riducono di intensità. Dal punto di vista clinico e diagnostico, dopo un trattamento con EMDR il paziente non presenta più la sintomatologia tipica del disturbo da stress post-traumatico, quindi non si riscontrano più gli aspetti di intrusività dei pensieri e ricordi, i comportamenti di evitamento e l’iperarousal neurovegetativo nei confronti di stimoli legati all’evento, percepiti come pericolo. Un altro cambiamento significativo è dato dal fatto che la persona discrimina meglio i pericoli reali da quelli immaginari condizionati dall’ansia”.

Bibliografia

Shapiro, F., Lasciare il passato nel passato. Astrolabio, Roma 2013.

American Psychiatric Association (2014), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina Editore.

www.emdr.it

Articolo a cura della dr.ssa Chiara Mercurio

EMDR: cos’è e come funziona

Il trauma è uno stimolo eccessivo, qualcosa di sconvolgente che capita all’improvviso e che fa sentire sopraffatti e impotenti, incapaci di reagire e di affrontare la situazione. È un evento spartiacque. Le persone che lo vivono  fanno spesso riferimento ad un prima ed un dopo, a qualcosa che ha segnato un profondo cambiamento di vita. Un cambiamento che non sempre è facile da elaborare e superare. Occorre entrare in ciò che ha ferito, provare ad accettarlo e ad elaborarlo, fino a mitigare la sua presenza per non ostacolare più il normale svolgersi della vita affettiva e lavorativa quotidiana. In modo da trasformarlo in una sorgente di crescita interiore.

l’EMDR: acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing – rappresenta senz’altro uno degli approcci terapeutici più efficaci le reazioni post-traumatiche.

Nato come una tecnica innovativa, l’EMDR sfrutta i movimenti oculari da stimolazione bilaterale alternata per facilitare ed accelerare la desensibilizzazione e l’elaborazione di eventi traumatici disturbanti. Nell’ultimo decennio, ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali, che l’hanno accreditato come una terapia elettiva per il disturbo da stress post – traumatico: nel 2000 l’EMDR è stato inserito nelle linee guida dell’International Society for Traumatic Stress Studies, nel 2001 anche lo United Kingdom Department of Health lo ha inserito tra le terapie evidence based. Nel 2002, è stato riconosciuto dall’Istraeli National Council for Mental Health come uno dei tre metodi più consigliati per il trattamento delle vittime di atti terroristici.

Chi potrebbe beneficiare di una terapia con EMDR?

-Tutte le persone che hanno vissuto esperienze molto dolorose che, anche a distanza di anni, sembrano non voler lascare la mente e il corpo; queste sensazioni dolorose bloccano e impediscono di vivere una vita soddisfacente a livello lavorativo, fisico, relazionale, scolastico, ecc.

-Tutte le persone che stanno vivendo un periodo doloroso o traumatico.

-Tutte le persone che vogliono aumentare la loro prestazione sportiva, lavorativa, scolastica, ecc.

Ecco alcuni esempi in cui l’EMDR e’ ampiamente utilizzato nel nostro studio:

  • Traumi con la T maiuscola, ovvero situazioni che minacciano potenzialmente la vita della persona o di un’altra. Ad esempio: abusi fisici e sessuali, gravi incidenti stradali, catastrofi naturali, tentati omicidi, tentato suicidio o aver assistito ad un suicidio, gravi incidenti sul luogo di lavoro, rapine, grave malattia, grave malattia di una persona cara, ecc.
  • Malattie e disturbi fisici: fibromialgia, dermatiti, disturbi gastrointestinali, esiti di ictus e infarti, malattie autoimmuni, disturbi del sonno, problematiche sessuali, ecc.
  • Attacchi di Panico e disturbi d’ansia.
  • Depressione e Lutti complicati.
  • Mobbing, stalking, bullismo.
  • Momenti critici di vita: divorzio, licenziamento, ecc.
  • Ansia sociale, paura di parlare in pubblico, fobie specifiche.
  • Problemi nelle prestazioni sportive.
  • E molto altro.

A che età e’ possibile iniziare un percorso con EMDR?

L’EMDR e’ una terapia adatta per adulti, adolescenti e bambini. Con i bambini il lavoro con EMDR è particolarmente veloce ed efficace perché la capacità di auto guarigione del cervello dei bambini è molto più intatta di quella di adulti con storie di vita molto lunghe e complesse.

 

Le nostro studio si occupano di EMDR

la Dr.ssa Chiara Mercurio  Terapeuta EMDR di II livello e Emdr Praticioner

la Dr.ssa Giovanna Mengoli Terapeuta EMDR di II livelloEmdr Praticioner

la Dr.ssa Elena Mannelli Terapeuta EMDR di II livello

 

 

 

 

 

 

 

EMDR

Elaborare i ricordi dolorosi che non riusciamo a lasciar andare via

Il dolore è ancor più dolore se tace

Giovanni Pascoli

A cura della Dr.ssa Chiara Mercurio

Quando si vive un’esperienza davvero sgradevole, due sono le cose che si possono fare, due sono le strade che si possono percorrere. Una è quella di guardare in faccia il ricordo di quell’esperienza, continuare a pensarci, a parlarne e a provare sensazioni al riguardo: può essere difficile, ma è come se ogni volta si desse a quel ricordo un piccolo morso, lo si masticasse per bene e lo si digerisse. Esso allora entra a far parte del nostro nutrimento e ci aiuta a crescere. E la parte che fa male si riduce sempre di più. Quando si dice che attraverso i momenti difficili si diventa più forti, è a questo che ci si riferisce.
Purtroppo a volte la gente percorre l’altra strada. Il ricordo è così doloroso, fa così male che lo si vuole solo scacciare, si vuole mettere un muro tra noi e lui, ci si vuole soltanto sentire bene e riuscire a tirare avanti la giornata. Questo funziona, almeno per un po’; ci dà sollievo. Ma il problema è che il ricordo non va via, è sempre lì, fresco come il giorno in cui il fatto è accaduto, sempre pronto a ripresentarsi per essere masticato completamente e digerito in modo da diventare parte del passato. E poi, ogni volta, c’è qualcosa che ci fa ripensare a quel ricordo, come se questo dicesse: “Ehi, ci sono anch’io, mi fai entrare adesso?”.
Ecco un esempio, quasi tutti noi, se camminando veniamo urtati incidentalmente da qualcuno forse ci secchiamo un po’ per qualche secondo, ma non di più, basta un: “Mi scusi”, e tutto finisce. Ma se la persona che viene urtata ha un mucchio di rabbia compressa dietro a quel muro, avrà la nostra stessa minima normale reazione, con in più tutto quel materiale che sta dietro al muro e che dice: “Anch’io”, per cui la persona sarà talmente fuori dai gangheri da essere pronta a litigare. E questo è il problema: il materiale che sta dietro al muro ci può saltare addosso in ogni momento e provocare in noi reazioni eccessive, rendere difficili le cose facili. E talvolta, non si sa come, si insinua in noi e ci fa sentire tristi o scoraggiati o cose del genere.
Così a volte la gente, quando si ammala per via di questi problemi, va da un terapeuta per farsi aiutare. E con il suo aiuto riesce a riafferrare ciò che ha cacciato dietro al muro: prende un pezzetto di quel ricordo, lo mastica per bene, lo digerisce e diventa molto più forte. Con l’EMDR accade qualcosa di molto simile a quanto succede con le altre terapie: si riesce a riprendere ciò che sta dietro al muro, se ne prende un pezzo, lo si mastica per bene, tutto qui. Solo che con l’EMDR si rivivono i vari pezzi del brutto ricordo molto più in fretta, magari si ripercorre un intero ricordo in sole due sedute, talvolta in più, talvolta in meno”.
Greenwald R. (2000)

L’approccio EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) parte dal presupposto che la specifica procedura di cui si avvale, abbia la capacità di attivare un meccanismo neuropsicologicamente innato e fisiologicamente orientato alla salute e all’autoguarigione. Quest’approccio terapeutico suppone, infatti, che ognuno di noi possieda le risorse utili per l’elaborazione emotiva e cognitiva dei ricordi dolorosi e traumatici, e che il terapeuta abbia il ruolo di facilitare tale processo.

La Dr.ssa Chiara Mercurio applica questo approccio nella pratica clinica sia con adulti che con bambini e adolescenti.

Bibliografia

Greenwald R. (2000), L’EMDR con bambini e adolescenti, Astrolabio, Roma.

EMDR: Un nuovo metodo per il superamento dei traumi

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Un’esperienza emozionale potrebbe essere così forte da lasciare una cicatrice nel tessuto celebrale”.

William James, 1890.

A cura della dott.ssa Giovanna Mengoli

EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è un trattamento psicoterapeutico originariamente nato per desensibilizzare efficacemente i sintomi disturbanti legati ai ricordi traumatici. Nell’Eye Movement Desensitization and Reprocessing grazie ai movimenti oculari si riducono gli effetti dei sintomi (desensibilizzazione) e si riattiva il fisiologico processo di elaborazione delle informazioni (riprocessamento).

L’efficacia del trattamento EMDR è stata riconosciuta in ambito scientifico ed accademico fino al punto da essere dichiarato uno dei metodi evidence – based per la terapia del PTSD (Disturbo Post – Traumatico da Stress) e quindi del trauma.

La focalizzazione del metodo EMDR è sul ricordo dell’esperienza o esperienze traumatiche che hanno contribuito a sviluppare la patologia o il disagio che presenta il paziente contribuendo a trattare il ricordo terapeuticamente.

Negli ultimi anni ci sono stati più studi e ricerche scientifiche sull’EMDR che su qualsiasi altro metodo usato per il trattamento del trauma e dei ricordi traumatici. I risultati di questi lavori hanno portato ad aprire una nuova dimensione nella psicoterapia. L’efficacia dell‘EMDR è stata dimostrata in tutti i tipi di trauma, sia per il Disturbo Post Traumatico da Stress che per i traumi di minore entità .

Nel 1995 il Dipartimento di Psicologia Clinica dell’American Psychological Association ha condotto una ricerca per definire il grado di efficacia di questo metodo terapeutico e le conclusioni sono state che l’EMDR è non solo efficace nel trattamento del Disturbo da Stress Post Traumatico, ma che ha addirittura l’indice di efficacia più alto per questa categoria diagnostica.

L’applicazione della tecnica EMDR è svolta sempre all’interno di un processo psicoterapeutico che ha come base teorica il modello AIP (Shapiro F., 1995), Adaptive Information Processing, cioè il modello dell’elaborazione adattiva dell’informazione. Tutti gli esseri umani possiedono un sistema fisiologico di elaborazione dell’informazione volto a fornire risoluzioni positive (adattive) di ciò che accade in ogni istante.

Tutti noi fin dall’infanzia viviamo nella quotidianità delle esperienze negative che tuttavia vengono in maniera adattiva immagazzinate dal nostro cervello, contribuendo alla formazione stessa della nostra identità e della nostra mente. L’informazione viene cioè integrata in uno schema cognitivo ed emotivo positivo, utile alla persona (Shapiro F., 1995).

Altre volte viviamo delle esperienze così dirompenti da non essere immagazzinate in modo funzionale, divenendo dei veri e propri traumi.

Un trauma è definibile come un evento dirompente, che sovrasta la capacità della mente di integrare ed elaborare i dati ad esso connessi.

Esistono diverse forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui può andare incontro una persona nel corso della vita. Esistono i “piccoli traumi” o “t”, ovvero quelle esperienze soggettivamente disturbanti che sono caratterizzate da una percezione di pericolo non particolarmente intesa. Si possono includere in questa categoria eventi come un’umiliazione subita o delle interazioni brusche con delle persone significative durante l’infanzia. Accanto a questi traumi di piccola entità si collocano i traumi T, ovvero tutti quegli eventi che portano alla morte o che minacciano l’integrità fisica propria o delle persone care. A questa categoria appartengono eventi di grande portata, come ad esempio disastri naturali, abusi, incidenti etc.

Subito dopo aver vissuto un evento traumatico il nostro organismo e il nostro cervello vanno incontro ad una serie di reazioni di stress fisiologiche, che nel 70-80% dei casi tendono a risolversi naturalmente senza un intervento specialistico.

Alcune persone continuano a soffrire per un evento traumatico anche a distanza di moltissimo tempo dall’evento stesso. Spesso riportano di provare le stesse sensazioni angosciose e di non riuscire per questo motivo a condurre una vita soddisfacente dal punto di vista lavorativo e relazionale. In questi casi, quindi, il passato è presente.

Questo quadro sintomatologico, che può arrivare fino a delinearsi in un Disturbo da Stress Post-Traumatico, è caratterizzato appunto dal “rivivere” continuamente l’evento traumatico, continuando a provare tutte le emozioni, sensazioni e pensieri negativi esperiti in quel momento. E’ proprio quando ci si rende conto che le reazioni sono di questo tipo e che la sofferenza è significativa che è necessario chiedere aiuto ad uno specialista.

La stimolazione bilaterale degli emisferi cerebrali attraverso i movimenti oculari permette di operare una riconnessione, che ha riscontri a livello neurobiologico (Solomon R., Shapiro F., 2008; Siegel D.J., Hartzell M., 2005), tra il ricordo dell’evento traumatico ed il resto dell’esperienza individuale.

Ogni ricordo è composto di immagini, sensazioni, emozioni e pensieri: l’EMDR permette al cervello di rielaborare in senso positivo il pensiero relativo al ricordo, quindi modifica l’idea di sé e del proprio valore; contemporaneamente diminuiscono le sensazioni corporee spiacevoli o dolorose e si attenuano le emozioni negative, fino alla scomparsa totale dei sintomi.

Il lavoro contemporaneo su tre livelli, corporeo, emotivo e cognitivo conduce all’integrazione delle informazioni fino a formare una nuova memoria: il fatto accaduto diventa un ricordo accessibile e gestibile, privo delle connotazioni sintomatiche e disturbanti che solitamente lo caratterizzavano.

Per cui grazie al lavoro con L’EMDR i pazienti ricordano ancora l’evento o l’esperienza, ma sentono che essa veramente fa parte del passato e il contenuto è totalmente integrato in una prospettiva più adulta. Infatti, durante l’elaborazione i pazienti gradualmente raggiungono una visione più matura e funzionale dell’esperienza vissuta.

dopo l’EMDR il paziente ricorda ancora l’evento ma sente che tutto ciò veramente fa parte del passato e il contenuto è totalmente integrato in una prospettiva più adulta” (Fernandez I., Maslovaric G., Veniero Galvagni M., 2011).

 

 

 

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