Cosa Sono
A differenza di altri disturbi, i Disturbi di Personalità non sono caratterizzati dalla presenza di sintomi o sindromi, ma piuttosto da un insieme di caratteristiche di personalità che danno luogo a modalità di interazione sociale disfunzionali.
I disturbi di personalità sono vari e tra loro molto diversi; li accomunano alcune caratteristiche comuni; essi rappresentano dei modelli abituali di esperienza emotivo – relazionale e di comportamento che si discosta marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo e che può coinvolgere più aspetti:
1) Area cognitiva: la modalità di percepire ed rappresentare se stessi, gli altri e gli avvenimenti
2) Area affettiva: la varietà, l’intensità e l’adeguatezza dell’attivazione e dell’espressività emotiva
3) Il funzionamento interpersonale
4) La regolazione degli “impulsi”
Inoltre, tali modalità hanno caratteristiche estreme: da una parte sono rigide, inflessibili, non soggette a modifica, dall’altra sono estremamente generalizzate, coinvolgono cioè la stragrande maggioranza di situazioni personali e sociali e finiscono per caratterizzare gran parte della vita della persona. Sono queste caratteristiche estremizzate di scarsa flessibilità ed immodificabilità che possono finire nel tempo nel determinare un disagio clinicamente significativo ed un peggioramento del funzionamento sociale, lavorativo e di altre aree importanti della vita della persona.
Attualmente, in ambito psichiatrico e psicoterapeutico si è soliti per lo più distinguere 10 principali disturbi di personalità e raggrupparli in tre sottogruppi, denominati “cluster”, cioè aree comprendenti disturbi con aspetti di somiglianza tra loro. Tre sono i disturbi del gruppo A (caratterizzati dal comportamento bizzarro): il disturbo paranoide, il disturbo schizoide, il disturbo schizotipico. Quattro sono quelli del gruppo B (caratterizzati da un’alta emotività): il disturbo borderline, il disturbo narcisistico, il disturbo istrionico e il disturbo antisociale; i disturbi del gruppo C (caratterizzati da una forte ansietà) sono tre: il disturbo evitante, il disturbo dipendente, il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità.
In cosa consiste il trattamento psicoterapeutico?
Il trattamento psicoterapeutico dei disturbi di personalità è molto complesso e lungo, in quanto è rivolto a modificare l’organizzazione complessiva di una persona e questo ovviamente non è possibile farlo in breve tempo e con facilità. La terapia cognitivo-comportamentale presenta numerose procedure terapeutiche, validate ed di provata efficacia, per affrontare questi gravi disturbi e si ispira complessivamente a quattro principali modelli di intervento. Si tratta di interventi mirati a quadri di personalità disturbata che richiedono almeno uno-due o più anni di terapia:
1) la terapia cognitiva di Beck e Freeman;
2) la terapia dialettico-comportamentale di M. Linehan (rivolta specificatamente al disturbo borderline);
3) la Schema Therapy di Young;
4) la Terapia Metacognitiva Interpersonale.
1) I pazienti con Disturbi di Personalità possono trarre vantaggio dalla Terapia Cognitivo-Comportamentale (modello Beck e Freeman) in particolare dai processi di ristrutturazione cognitiva volti a modificare gli errori di ragionamento contenuti nei loro pensieri e gli schemi disfunzionali che sono alla base del comportamento disfunzionale.
Le tecniche comportamentali specifiche come, ad esempio, l’esposizione in immaginazione o in vivo e i training di rilassamento, aiutano i pazienti a disconfermare le loro aspettative catastrofiche e a tollerare e gestire eventuali aspetti temuti es. episodi di disapprovazione o rifiuto.
I training sull’assertività e sulle abilità sociali consento l’acquisizione di specifiche conoscenze e strumenti volti a fronteggiare svariate situazioni e a favorire relazioni interpersonali positive.
Talvolta risulta utile integrare al lavoro individuale l’utilizzo dei gruppi di social skills training improntati allo sviluppo delle competenze sociali.
2) La Terapia Dialettico-Comportamentale (DBT – Marsha Linehan) (utilizzata prevalentemente per la terapia del Disturbi del Cluster B), si basa sull’assunto per cui il paziente borderline sarebbe caratterizzato da una difficoltà a gestire emozioni intense (disregolazione emotiva). Lo scopo complessivo di tale approccio è aiutare il paziente a modificare le sue tipiche condotte estreme a favore di risposte più funzionali e adattive. Nello specifico, alcuni dei bersagli comportamentali che la DBT si prefigge di raggiungere consistono nel:
ridurre i comportamenti suicidari;
ridurre i comportamenti che interferiscono con la terapia (ad esempio, non presentarsi alle sedute, non eseguire i compiti assegnati);
ridurre i comportamenti che interferiscono con la qualità della vita (ad esempio, abuso di sostanze, comportamenti sessuali non protetti);
incrementare il rispetto di sé.
Le strategie utilizzate per realizzare tali obiettivi sono varie, ma il nucleo dell’intervento è senza dubbio la validazione che consiste nel comunicare al paziente che le sue reazioni, emotive e comportamentali, hanno un senso e sono comprensibili se si considerano la sua condizione attuale, i fattori ambientali e le situazioni che occorrono.
La DBT si sviluppa su due piani: il trattamento individuale e il trattamento di gruppo.
Nel trattamento individuale si lavora sulle esperienze quotidiane del paziente e facendo particolarmente attenzione all’applicazione nella vita di tutti i giorni delle abilità apprese all’interno dei gruppi sulle abilità (skills); nel trattamento di gruppo vengono insegnate specifiche abilità (ad esempio, abilità di problem solving, abilità di mindfulness) volte a favorire una gestione più efficace di situazioni problematiche e di stati di sofferenza.
3) Il trattamento dei Disturbi di Personalità prevede, anche l’utilizzo della Schema therapy (Young, 2004), una recente integrazione della terapia cognitiva, che si basa essenzialmente sull’utilizzo di tecniche cognitive, esperienziali-emotive, comportamentali e relazionali, volte a guidare la persona verso una progressiva conoscenza dei meccanismi alla base del proprio funzionamento (schemi o “trappole” e Mode, cioè parti/ruoli di sè), soprattutto in ambito interpersonale e delle strategie di coping disfunzionali alla base dello sviluppo e del mantenimento delle proprie difficoltà e della profonda sofferenza che spesso caratterizza le loro vite.
Il passo successivo consiste nella realizzazione di target comportamentali concreti che migliorino la qualità di vita della persona, portandola a vivere meglio prima di tutto con se stessa e di conseguenza con gli altri.
Gli schemi, si originano per lo più in risposta alla sistematica frustrazione di bisogni fondamentali (sicurezza, stabilità, apprezzamento, attenzione, regole), per lo più nella prima infanzia, ad opera delle principali figure di curanti e di riferimento emotivo.
Fondamentale diventa quindi la relazione terapeutica, quale “luogo sicuro” in cui la persona può sperimentare nuove modalità di funzionamento e beneficiare di esperienze emotive correttive rispetto alla maggior parte delle proprie interazioni precedenti, soprattutto con le figure genitoriali.
4) La Terapia Metacognitivo-Interpersonale (TMI) è un modello di psicoterapia sviluppato presso il Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva di Roma nella seconda metà degli anni ´90. Questo trattamento è nato all’interno di un programma di ricerca che accorpava alcune osservazioni cliniche, condotte principalmente su pazienti con disturbi di personalità e schizofrenia, ai nuovi sviluppi della ricerca scientifica, in particolare della scienza cognitiva. “Questa forma di psicoterapia cognitiva è centrata sul promuovere le capacità di riconoscere e dare senso alle proprie emozioni, a quelle degli altri e al modo in cui esse sono correlate con i pensieri e influenzano il comportamento. Insieme a questo, è una terapia che spinge a riflettere sulle relazioni interpersonali, a comprenderne i motivi che le rendono fonte di problemi; il fine è aiutare il paziente a creare stili di rapporto con gli altri che promuovano benessere e realizzazione. E’ una forma di terapia quindi che, pur specifica e formalizzata, integra elementi di tecnica provenienti da altre forme di psicoterapia cognitiva con una particolare cura alla relazione terapeutica, nella tradizione di terapie psicoanalitiche moderne” (G. Dimaggio, R. Popolo e G.Salvatore)
Il Trattamento farmacologico può essere utile?
La terapia farmacologica può essere spesso d’aiuto. I farmaci antidepressivi quali gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) possono agire efficacemente, riducendo sia la depressione che l’impulsività. Anche i farmaci anticonvulsivi (stabilizzatori- regolatori dell’ umore possono contribuire a ridurre gli accessi d’ira e le condotte impulsive.
Tuttavia, la terapia farmacologica non sembrerebbe intervenire interviene sulle caratteristiche strutturali di personalità. Poiché questi tratti si sviluppano nell’arco di molti anni, il trattamento delle caratteristiche disadattive di personalità richiede tempi prolungati.
I Disturbi
Per saperne di più:
Arnz A., Genederen, H.V., (2009) La Schema Therapy per il disturbo borderline di personalità. Tr. It. Raffaello Cortina, Milano (2011)
Beck A.T., Freeman A., (1990). Terapia cognitiva dei disturbi di personalità. Tr. it. Mediserve, Firenze (1993).
Beck J., (2005). Le sfide della terapia cognitiva. Cosa fare quando le tecniche di base non funzionano. Tr. It. Edizioni Carlo Amore, Roma (2008).
Dimaggio G., Lysaker P. H., et al., (2011). (a cura di) Metacognizione e Psicopatologia. Valutazione e Trattamento. Milano. Raffaello Cortina Editore.
Dimaggio G., Semerari A., (2003). I disturbi di personalità. Modelli e trattamento. Stati mentali, metarappresentazioni, cicli interpersonali. Laterza, Roma-Bari.
Marsha M. Linehan, (2001). Trattamento cognitivo-comportamentale del disturbo borderline. Raffaello Cortina, Milano.
Procacci M., Popolo R., Marsigli N., (2011). Ansia e ritiro sociale. Valutazione e trattamento. Raffaello Cortina, Milano.
Semerari A., (1999). Psicoterapia cognitiva del paziente grave. Metacognizione e relazione. Raffaello Cortina, Milano.
Young, J., Klosko, J. (2004). Reinventare la tua vita. Raffaello Cortina, Milano.
Young, J., Klosko, J., Weishaar, M.E (2007). La terapia cognitivo-comportamentale integrata per i disturbi della personalità. Eclipsi, Firenze