Psicologia, Psichiatria e Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale Centro di Schema Therapy EMDR e Mindfulness ad Arezzo

Il primo pilastro della Mindfulness: IL NON GIUDIZIO

Quasi tutto ciò che vediamo o con cui entriamo in contatto viene etichettato dalla mente come “buono” o “cattivo”. Reagiamo ad ogni esperienza in termini di quello che riteniamo essere il suo valore per noi. Alcune cose, persone ed eventi sono classificati “buoni” perché, per una ragione o per l’altra, ci fanno sentire bene. Altri vengono altrettanto immediatamente classificati “cattivi” perché ci fanno sentire male. Il resto viene classificato come “neutro” perché ci sembra che non abbia una particolare importanza per noi. Le cose, persone ed eventi che appartengono a quest’ultima categoria li escludiamo quasi dal campo della nostra attenzione: di solito sono quelli che troviamo più noioso osservare.

L’abitudine di classificare il contenuto della nostra esperienza in base a giudizi, innesca un insieme di reazioni meccaniche di cui non ci rendiamo conto e che spesso non hanno fondamento obiettivo. La costante attività giudicante della mente ci rende difficile trovare uno stato di pace interiore: la mente si comporta come uno yoyo, che tutto il giorno va su e giù lungo la corda dei nostri giudizi positivi e negativi.

Se vuoi verificare tu stesso questa descrizione, prova a fare attenzione a quante volte nel corso di dieci minuti, mentre sei occupato in una delle tue normali attività quotidiane, sorge in te un giudizio del tipo “mi piace” o “non mi piace”.

Per arrivare ad una gestione più efficace dello stress, il primo passo è renderci conto di questa attività di giudizio automatica nella nostra mente, aprendo la possibilità di liberarci dalla tirannia dei giudizi.

Durante la pratica della consapevolezza (“mindfulness”), è importante riconoscere questa attività giudicante della mente ogniqualvolta si presenta e assumere l’atteggiamento di un testimone imparziale, osservandola semplicemente. Quando un giudizio si presenta, non occorre che lo reprimi. Basta che tu te ne renda conto. Non si tratta di giudicare il giudizio sbagliato, complicando ulteriormente le cose.

Per esempio, supponiamo che tu stia praticando l’osservazione del respiro; a un certo punto può darsi che la tua mente dica qualcosa come “che noia”, o “questo non funziona”, o “non ci riesco”. Questi sono giudizi. Quando si presentano, è importante che tu li riconosca come tali e che ricordi che la pratica comporta una sospensione dei giudizi e la semplice osservazione di qualsiasi cosa si presenti, compresi i tuoi pensieri giudicanti, senza lasciarti coinvolgere e senza agire su di essi in alcun modo. Poi ritorni all’osservazione del respiro.

(tratto da: “Vivere momento per momento” di Jon Kabat-Zinn, pp.32-33)

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