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Disturbo Disforico Premestruale: come riconoscerlo e come curarlo

Moody woman

I Disturbi dell’ Umore sono un fenomeno psicologico, ma anche sociale, estremamente importante e spesso troppo sottovalutato.

L’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) riferisce che la depressione, per esempio, affligge più di 350 milioni di persone di tutte le età e comunità e rappresenta attualmente uno dei principali responsabili del carico globale di malattia e colpisce prevalentemente donne.

Tuttavia si tratta di problematiche che spesso non raggiungono l’attenzione degli specialisti, questo è vero anche per una nuova categoria diagnostica chiamata Disturbo Disforico Premestruale che si differenzia dalla Sindrome Premestruale.

Con l’uscita del nuovo manuale dei disturbi psicologici (DSM 5) infatti, i disturbi dell’umore sono stati ulteriormente approfonditi ed è nata la nuova categoria a se stante dei Disturbi Depressivi sebbene fu Ippocrate a rendersi conto per primo di una stretta correlazione tra ciclo della donna e sintomi psicologici.

Nella precedente edizione (DSM-IV TR), nell’ampio capitolo dei “Disturbi dell’umore” erano inclusi sia i Disturbi Depressivi (unipolari) sia quelli bipolari, attualmente invece sono stati suddivisi e tra i Disturbi Depressivi vengono segnalati:

il disturbo Depressivo Maggiore, il disturbo da Disregolazione dell’Umore dirompente, il disturbo Depressivo Persistente (distimia), e il disturbo Disforico Premestruale.

E’ proprio quest’ultimo che rappresenta una novità nel panorama nosografico e diagnostico degli ultimi anni.

La caratteristica che accumuna questi quadri è la presenza di umore triste o irritabile, accompagnato da una sintomatologia fisica e psicologica che incide significativamente sul funzionamento quotidiano.

In particolare il disturbo Disforico Premestruale, nella precedente edizione, era nella sezione in appendice, assieme alle altre condizioni soggette ad ulteriori studi.

Con il nuovo testo, e dopo 20 anni di studi e di ricerche, queste hanno individuato una forma di disturbo depressivo specifica e responsiva al trattamento che comincia talvolta dopo l’ovulazione e si risolve entro pochi giorni dal ciclo mestruale ed ha un marcato impatto sul funzionamento.

I criteri diagnostici pertanto sono:

A. Per la maggior parte dei cicli mestruali, la settimana precedente al ciclo,devono essere presenti almeno 5 dei sintomi con una remissione entro pochi giorni dall’inizio di questo fino a scomparire nella settimana successiva.

B.Uno tra: labilità dell’umore (sbalzi di umore, sentirsi tristi d’improvviso, avere una maggiore tendenza al pianto), irritabilità e aumento dei conflitti interpersonali e della rabbia, umore depresso o pensieri autocritici, ansia e sensazione di avere i nervi a fior di pelle.

C.Uno o più tra i seguenti sintomi (in aggiunta fino ad arrivare ad almeno cinque): diminuito interesse per le attività abituali, difficoltà soggettiva di concentrazione, faticabilità o mancanza di energia, alterazione dell’appetito, alterazione del sonno, senso di essere fuori controllo, sintomi fisici come tensione al senso, dolori articolari o muscolare, sensazioni di gonfiore o aumento di peso.

D. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o interferenza con le attività quotidiane

E. l’alterazione non è l’incremento di sintomi di un altro disturbo psicologico

F. il criterio A deve essere confermato per almeno due cicli

G. i sintomi non sono attribuibili all’effetto di sostanze o ad altra condizione medica

Questi sintomi devono verificarsi nella maggior parte dei cicli durante l’ultimo anno e tipicamente raggiungono l’apice intorno ai giorni prima del ciclo, pere andare verso la remissione totale con l’inizio delle mestruazioni. Infatti ci deve essere un periodo libero da sintomi nella fase follicolare (che è quella che comincia con il ciclo sino all’ ovulazione).

I sintomi sono paragonabili a quelli di un disturbo dell’umore per gravità, ma non per durata.

Questo quadro è differente dalla Sindrome Premestruale (per la quale non vi è bisogno del raggiungimento di un certo numero di sintomi e soprattutto non sono necessari i sintomi di affettivi) che risulta pertanto più diffusa e meno grave del quadro di disturbo disforico che si stima abbia una prevalenza tra il 1,8 e il 5,8% delle donne.

La comorbidità con altri disturbi è piuttosto frequente in particolare con depressione maggiore e la depressione post-partum.

È importante non sottovalutare questa condizione che causa notevole disagio alla persona e impatta nel suo funzionamento a livello sociale e relazionale.

Ovviamente risente di aspetti culturalmente orientati; le ricerche riportano che le donne occidentali riferiscono maggiormente sintomi affettivi, mentre quelle non occidentali più sintomi somatici.

Risulta spesso sin troppo facile minimizzare questa condizione poiché “a causa di ormoni, poi passa” (che certamente risultano coinvolti) ma che invece causano distress interpersonale marcato.

Si tratta infatti di qualcosa di più complesso, ma allo stesso tempo sul quale è possibile intervenire con una terapia volta anche a proteggere dallo sviluppo o dalla ricaduta di ulteriori sintomi.

Sono state già studiate terapie sia farmacologiche che non farmacologiche in grado di portare a risultati sebbene ancora la letteratura non abbia riportato evidenze unanimi proprio a causa del fatto che si tratta di una diagnosi giovane. E’ infatti una “nuova” diagnosi che sicuramente sarà approfondita da ulteriori studi nell’ambito della ricerca scientifica.

Tuttavia almeno nei casi di lieve disturbo disforico alcune evidenze riportano come consigliati:

– esercizio fisico con attività aerobica di 30′ per 3 o 4 volte a settimana (che avrebbe un ruolo nell’aumento di endorfine)

– tecniche di rilassamento e meditazione

– fornire buone informazioni su una corretta igiene del sonno in modo da adottare un ritmo sonno-veglia stabile

– associare una dieta ricca di frutta verdura e cereali

– la psicoterapia cognitivo-comportamentale

– i farmaci sono indicati nelle forme più gravi con predominanza di sintomi psichici.

Il riconoscimento di questa patologia potrà fornire alle donne, ma anche ai medici e a chi si occupa di benessere fisico e mentale, l’opportunità di prendere in carico ( e in cura) qualcosa che per troppo tempo è stato sottovalutato.

Elena Mannelli

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