Psicologia, Psichiatria e Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale Centro di Schema Therapy EMDR e Mindfulness ad Arezzo

IL BULLISMO COS’È, COSA NON È, QUALI SEGNALI OSSERVARE E COSA FARE

bullismo

 

A cura della Dott.ssa Cristina Jacchia

Molti sono gli episodi di bullismo che arrivano dai mass media ogni giorno, a volte diventano fatti di cronaca e si rimane allibiti, impauriti, come se si trattasse di qualcosa di incomprensibile e di lontano da noi e dai nostri figli.. potremmo pensare che tanto tutto questo non accadrà mai a mio figlio.. oppure se l’ansia sale potremmo pensare che cose del genere possano accadere proprio nella scuola del mio bambino … pensieri ed emozioni come questi nascono dalla mancanza di conoscenza del fenomeno del bullismo, ma sempre più spesso tale fenomeno può entrare a fare parte delle nostre vite (un figlio, un nipote, un amico, un alunno), per questo motivo vale la pena conoscerlo per poter affrontare e gestire al meglio l’eventualità di imbattersi nel fenomeno, senza rischiare di sentirsi impotenti e non saper cosa fare o peggio di sfogare la frustrazione derivata in atti aggressivi insensati o poco utili.

COSA è IL BULLISMO

Il bullismo viene definito come un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona – o da un gruppo di persone – più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole.

LE CARATTERISTICHE distintive del bullismo sono:

  • L’intenzionalità: gli atti di bullismo sono intenzionali, lo scopo è di sottomettere l’altra persona offendendola e e con lo scopo di ledere l’altra persona.
  • La persistenza nel tempo: gli atti di bullismo non sono occasionali, ma perdurano nel tempo per settimane, mesi e a volte anche anni, spesso sono anche sistematici, soliti posti e soliti momenti della giornata.
  • La relazione asimmetrica: la relazione tra bullo e vittima non è equilibrata né da un punto di vista fisico, né da un punto di vista psicologico con evidente diseguaglianza di potere. All’interno della relazione uno vince sempre, l’altro perde sempre.

EVOLUZIONE NEL TEMPO DEL FENOMENO ED ETA’

La fascia d’età in cui gli atti di bullismo si manifestano più frequentemente va dai 7-8 anni ai 14-15 anni. Erroneamente da quanto molte persone credono, il fenomeno del bullismo è maggiormente presente nelle scuole primarie e nei primi anni delle scuole secondarie di primo grado. Gli atti di bullismo infatti si riducono progressivamente con l’aumentare dell’età, soprattutto quei comportamenti caratterizzati dalla forza fisica, purtroppo però alcuni bulli trasformano i loro comportamenti in atti maggiormente pericolosi, non più ascrivibili al fenomeno del bullismo, ma più propriamente a comportamenti antisociali e illegali.

Gli attori del bullismo

Di fondamentale importanza è la natura relazionale del fenomeno del bullismo, si pensa spesso erroneamente che gli attori del bullismo siano il bullo e la vittima e che la colpa sia unicamente del bullo. La realtà è ben diversa, infatti ci sono altri attori che contribuiscono al mantenimento del fenomeno:

  • Bullo è la persona che compie atti di bullismo. Lo fa perché ritiene di potersi affermare solo mostrando il suo potere sottomettendo qualcuno, non conosce altre modalità relazionali più efficaci.
  • Vittima è la persona che subisce gli atti di bullismo. Spesso la vittima, a causa del bisogno di accettazione, cerca il bullo per sperare di essere visto e riconosciuto da lui, così forte ai suoi occhi, con la speranza che potrà smettere di trattarlo male per inserirlo nella sua cerchia di amici, a volte la vittima sceglie di essere trattato male pur di restare nelle sue attenzioni
  • Gregari  sono coloro che supportano e spalleggiano il bullo compiendo atti di bullismo a loro volta forti del bullo. Con questo comportamento di supporto i gregari rinforzano il comportamento del bullo facendolo sentire ancora più importante e validando i suoi atti come leciti.
  • Spettatori sono tutti coloro che assistono all’atto di bullismo senza intervenire né a favore né a sfavore. Gli spettatori non intervenendo automaticamente rendono lecito quel comportamento.
  • Difensori  sono coloro che cercano di difendere la vittima consolandola o cercando di interrompere le prepotenze

Escludendo i difensori, tutti gli altri attori contribuiscono a mantenere attivo il circolo vizioso degli atti di bullismo.

LE CONSEGUENZE A BREVE E LUNGO TERMINE NEI BULLI E NELLE VITTIME

IL BULLO

Conseguenze a breve termineà Basso rendimento scolastico • Disturbi della condotta per incapacità di rispettare le regole • Difficoltà relazionali

Conseguenze a lungo termineà Ripetute bocciature e abbandono scolastico • Comportamenti devianti e antisociali: crimini, furti, atti di vandalismo,abuso di sostanze • Violenza in famiglia e aggressività sul lavoro

LA VITTIMA

Conseguenze a breve termineà Sintomi fisici: mal di pancia, mal di stomaco, mal di testa (soprattutto alla mattina prima di andare a scuola) • Sintomi psicologici: disturbi del sonno, incubi, attacchi d’ansia • Problemi di concentrazione e di apprendimento, calo del rendimento scolastico

  • Riluttanza nell’andare a scuola, disinvestimento nelle attività scolastiche • Svalutazione della propria identità, scarsa autostima

Conseguenze a lungo termineà • Psicopatologie:- Depressione- Comportamenti autodistruttivi/Auto lesivi • Abbandono scolastico • A livello personale:insicurezza, ansia, bassa autostima, problemi nell’adattamento socio-affettivo• A livello sociale: ritiro, solitudine, relazioni povere

A ben vedere il bullo e la vittima hanno in comune la difficoltà nelle relazioni sociali, infatti nessuno dei due ha sviluppato sufficienti abilità sociali che gli permettano di sentirsi sicuri senza prevaricare (per il bullo) e senza farsi schiacciare (per quanto riguarda la vittima).

Entrambi i protagonisti del fenomeno del bullismo hanno bisogno di essere aiutati a trovare modalità migliori per stare con gli altri, siano essi coetanei o adulti a cui rivolgersi per chiedere aiuto.

Abilità come: saper dire di no, riconoscere ciò che è bene da ciò che è male, sapersi autoregolare o  avere la consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni, saper risolvere problemi, saper negoziare, saper chiedere aiuto, saper empatizzare, sapersi relazionare nel rispetto reciproco, affermare i propri bisogni nel rispetto di quelli degli altri, saper collaborare e avere comportamenti pro sociali… sono solo alcune tra le tante abilità che sia i bulli, sia le vittime, (ma vale anche per i gregari e gli spettatori) hanno bisogno di sviluppare per crescere  e affrontare la vita in modo equilibrato e rivolto al benessere della loro persona e degli altri.

GLI ATTI E I LUOGHI DEL BULLISMO

  • Bullismo diretto fisicoà le azioni sono per lo più di tipo fisico, prendere a calci, spinte, prendere e rovinare oggetti, tirare i capelli … ecc
  • Bullismo diretto verbaleàminacciare, insultare, esprimere pensieri razzisti, estorcere denaro, prendere in giro in modo in modo irrispettoso e non divertente per la vittima
  • Bullismo indirettoàquesto tipo di bullismo è più di tipo psicologico, è meno evidente, ma non per questo meno lesivo nei confronti della vittima … si tratta di comportamenti quali l’esclusione dal gruppo dei coetanei, l’isolamento, l’uso ripetuto di smorfie e gesti volgari, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima, il danneggiamento dei rapporti di amicizia.
  • I luoghi: I contesti in cui gli episodi di bullismo avvengono con maggior frequenza sono gli ambienti scolastici: le aule, i corridoi, il cortile, i bagni e in genere i luoghi isolati o poco sorvegliati, come per esempio gli spogliatoi della palestra o i laboratori. Generalmente i bulli e le vittime fanno parte della stessa classe, per cui accade frequentemente che questa diventi il luogo privilegiato in cui si manifestano le prevaricazioni. Azioni bullistiche, però, possono essere perpetrate anche durante il tragitto casa-scuola e viceversa.

COSA NON E’ BULLISMO

Il bullismo è una tra le possibili manifestazioni di aggressività messe in atto dai bambini e dagli adolescenti.

Sebbene non sia sempre semplice riconoscere ad un primo sguardo le differenti tipologie di comportamenti aggressivi, è però possibile distinguere quelli più specificamente riconducibili alla categoria “bullismo” da quelli che, invece, non entrano a far parte di questo fenomeno.

Una prima categoria di comportamenti non classificabili come bullismo è quella degli atti particolarmente gravi, che più si avvicinano ad un vero e proprio reato. Attaccare un coetaneo con coltellini o altri oggetti pericolosi, fare minacce pesanti, procurare ferite fisiche gravi, commettere furti di oggetti molto costosi, compiere molestie o abusi sessuali sono condotte che rientrano nella categoria dei comportamenti antisociali e devianti e non sono in alcun modo definibili come “bullismo”.

Allo stesso modo, i comportamenti cosiddetti “quasi aggressivi”, che spesso si verificano tra coetanei, non costituiscono forme di bullismo.

I giochi turbolenti e le “lotte”, particolarmente diffusi tra i maschi, o la presa in giro “per gioco” non sono definibili come bullismo in quanto implicano una simmetria della relazione, cioè una parità di potere e di forza tra i due soggetti implicati e una alternanza dei ruoli prevaricatore/prevaricato. (tratto da “quaderno sul bullismo” di Telefono Azzurro- www.telefonoazzurro.it ).

Ricordiamo inoltre che in generale, un fatto sporadico e occasionale, non ripetuto nel tempo, non intenzionale, non asimmetrico a livello relazionale, per quanto spiacevole non è ascrivibile ad un atto di bullismo.

COME RICONOSCERE I SEGNI DEL BULLISMO NEI NOSTRI FIGLI

È importante osservare i comportamenti dei nostri figli, difficilmente verranno da noi a dirci “ciao mamma oggi ho compiuto atti di bullismo” “sai papà oggi mi hanno minacciato” “oggi un mio compagno è stato messo in un angolo e io non ho fatto niente”

Molti sono i motivi che portano i nostri figli a non comunicare questi avvenimenti: paura, vergogna, pensare che sia normale … è per questo che è nostro compito osservare senza paura o preoccupazione eccessiva alcuni segni che vanno comunque verificati attraverso un confronto con il bambino/ragazzo e/o con la scuola in un’ottica di aiuto e comprensione per essere una squadra che collaborando sarà pronta ad arginare il problema.

Di seguito sono elencati alcuni segnali che possono essere campanelli d’allarme, ma che vanno verificati e accertati in una dimensione di dialogo e di ascolto non giudicante che permetta il figlio e/o gli insegnanti o i compagni di classe di sentirsi capiti e incoraggiati a parlare e ad aver un confronto utile e produttivo per tutti volto a trovare una soluzione e non con l’obiettivo di accusare qualcuno per punirlo.

Eventuali segni o campanelli d’allarme che mi possono far intuire se mio figlio è una vittima:

  • Torna da scuola con vestiti strappati o sporchi e con materiale scolastico rovinato
  • Non frequenta amici nel tempo libero
  • Fa brutti sogni e/o dorme male
  • L’interesse per la scuola e il rendimento diminuiscono
  • Ha frequenti mal di pancia o altri tipi di malesseri che lo portano a non frequentare la scuola
  • Ha frequenti sbalzi d’umore si isola, piange..
  • Ha ferite o lividi e tagli a cui non sa dare una spiegazione valida
  • Chiede o prende denaro di nascosto (per assecondare i bulli)

Eventuali segni o campanelli d’allarme che mi possono far intuire che mio figlio è bullo:

  • prende in giro ripetutamente e in modo pesante
  • può essere oppositivo anche nei confronti dei genitori o di eventuali fratelli
  • fatica a rispettare le regole anche in casa
  • rimprovera
  • intimidisce
  • minaccia
  • tira calci, pugni, spinge
  • danneggia cose …

COSA FARE

  1. Prendere consapevolezza del problema “bullismo”: innanzitutto prestare attenzione ad eventuali segnali della presenza del bullismo;
  2. Non minimizzare il problema: far capire al figlio che è importante prendere in seria considerazione il problema che riporta, creando un clima di ascolto attivo e di fiducia;
  3. Favorire il dialogo: evitare di assumere un atteggiamento colpevolizzante e punitivo, ma al contrario potenziare il dialogo e la comunicazione, promuovendo la cultura dell’ascolto;
  4. Non arroccarsi su posizioni estreme nei confronti del proprio figlio (di accusa o di difesa): avere una visione reale del problema, evitando di schierarsi dalla parte del bullo o della vittima; prima di intervenire, capire a fondo il problema e le motivazioni che hanno portato ciascun attore coinvolto a comportarsi in un determinato modo;
  5. Valorizzare il dialogo scuola famiglia: stare costantemente in contatto con il personale della scuola (insegnanti, dirigenti e personale non docente) per cercare di definire il problema, ascoltando anche quello che hanno da dire gli operatori scolastici;
  6. Prestare attenzione al vissuto emotivo del proprio figlio: cercare di far emergere le emozioni, le paure e i sentimenti del bambino rispetto all’accaduto. Provare a mettersi nei panni del proprio figlio, per cercare di capire meglio che cosa stia vivendo;
  7. Invitare il proprio figlio a chiedere aiuto: far capire al bambino che, se si dovesse trovare nella posizione di vittima di azioni di prepotenza, è importante chiedere aiuto ad uno dei suoi adulti di riferimento. Spiegare che questo non è un atto di debolezza, ma è un modo coraggioso per smascherare il bullo e farlo uscire allo scoperto;
  8. Trovare una soluzione al problema insieme al proprio figlio:coinvolgere il bambino in modo

attivo nella ricerca di strategie adeguate ed efficaci per la risoluzione del problema;

  1. Confrontarsi con altri genitori: è importante condividere paure e preoccupazioni rispetto all’accaduto per scoprire, magari, di non essere gli unici coinvolti nel problema;
  2. Potenziare l’autostima del proprio figlio: lavorare per costruire la fiducia del bambino in se stesso ed incoraggiarlo a sperimentarsi nelle attività (anche extrascolastiche) in cui riesce bene;
  3. Lavorare verso l’autonomia del proprio figlio: evitare di avere un atteggiamento iperprotettivo, ma al contrario insegnare al bambino ad essere il più possibile autonomo, perché proprio una stretta dipendenza dai genitori può essere un fattore di rischio affinché il bambino sia preso di mira da compagni “più forti”;
  4. Aiutare il proprio figlio a prendere consapevolezza dei suoi atteggiamenti: insegnargli a riconoscere eventuali comportamenti che possono irritare o infastidire gli altri e riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni. Cogliere l’occasione per suggerire possibili condotte alternative;
  5. Favorire momenti di socializzazione positiva: creare momenti, al di fuori del contesto scolastico, in cui il bambino possa vivere momenti di socializzazione con i propri compagni, magari condividendo gli stessi interessi;
  6. Far intraprendere ai bambini attività extrascolastiche: impegnarsi per esempio in attività sportive aiuta ad incanalare l’aggressività in modo positivo e favorisce la costruzione di nuove relazioni;
  7. Ridurre il senso di colpa: far sì che i bambini non si sentano colpevoli nel caso in cui siano vittime di prepotenza, ricordando loro che è sempre possibile trovare una soluzione;
  8. Rivolgersi ad esperti: qualora la famiglia dovesse rendersi conto di non avere strumenti adeguati per gestire la situazione, chiedere

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