Psicologia, Psichiatria e Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale Centro di Schema Therapy EMDR e Mindfulness ad Arezzo

Preoccupazioni normali e pensieri ossessivi: come nascono, come si mantengono e come si eliminano.

pensiero ossessivo

A cura di dott. Rossano Bisciglia

 

Per molto tempo è stata diffusa la convinzione che le preoccupazioni delle persone affette da disturbo ossessivo – compulsivo (DOC) fossero strane e che le persone “normali” non avessero mai analoghi pensieri. Verso la fine degli anni 70, la ricerca ha rilevato come tutti i pensieri che caratterizzano chi soffre di DOC, percorrono o occasionalmente, nella testa delle persone. A molti è capitato, in qualche occasione, di pensare, di potersi contaminare venendo a contatto con alcuni oggetti o poter essere responsabili di qualche sciagura a causa della propria distrazione, pur avendo consapevolezza dell’infondatezza di queste preoccupazioni.

Il nostro organismo sembra organizzato in modo che le reazioni emotive provocate immaginando eventi negativi siano molto simili a quelle che provocano eventi reali. Per questo motivo, se vediamo un film horror ben fatto, proviamo terrore, pur essendo razionalmente consapevoli che si tratta solo di un film. Questo pensiero non può che provocarci ansia, come quando percepiamo realmente un pericolo. Il fatto di prefigurarsi eventi negativi, per quanto improbabili, e provare ansia nel momento in cui li immaginiamo è quindi un fatto assolutamente normale e soprattutto molto diffuso.

Qual è allora la differenza fra un’eccessiva ma normale preoccupazione negativa e un pensiero ossessivo ?

La ricerca in tal senso pone l’accento non sulla natura del pensiero, ma sulla frequenza con cui essa si presenta alla mente della persona. Il motivo per il quale, inoltre, certe persone si preoccupano senza motivo una volta ogni tanto, mentre altre sono ossessionate da tali angosce, risiede nella capacità o meno di tollerare il pensiero e l’ansia che esso genera. Un esempio potrà chiarire il concetto: immaginiamo di essere alla guida della nostra autovettura, mentre procediamo ad andatura che rientra nei limiti consentiti dal codice della strada, avendo a fianco una persona a noi cara. All’improvviso si fa strada nella nostra mente che potremmo scivolare su un’imprevista macchia d’olio , perdere il controllo della macchina e sbattere contro un albero. A poco a poco il pensiero si potrebbe arricchire di particolari: il sangue, la persona accanto scaraventata sul parabrezza, forse gravemente ferita. Questo scenario non può che metterci ansia ! a questo punto abbiamo due possibilità, ignorare il pensiero, tollerando il rischio di fare un incidente con simili conseguenze, e continuare a guidare come se non ci fosse mai venuto in mente, oppure possiamo non tollerare l’idea e cercare, in qualche modo, di evitare il pericolo percepito, ad esempio riducendo drasticamente la velocità. Appare chiaro come quello che determina la scelta fra le due opportunità sia la capacità o meno di tollerare l’improvvisa ma normale preoccupazione e il disagio a essa connessa.

Se per qualsiasi motivo il pensiero (incidente) avuto è intollerabile ed è vissuto come un indicatore di pericolo da impedire ad ogni costo, ne deriverà certamente una reazione volta a rassicurarci (frenare drasticamente) azzerando momentaneamente l’ansia. Questo è il meccanismo che trasforma la normale preoccupazione negativa in un pensiero ossessivo, che tende e ripresentarsi ripetutamente e a provocare un’ansia sempre maggiore.

 

La terapia cognitiva comportamentale, considerata l’approccio d’elezione per questo genere di difficoltà, mira a insegnare le modalità attraverso le quali ignorare il pensiero, accettare il rischio ed eliminare la necessità di doversi rassicurare per gestire l’ansia che il pensiero genera.

 

CONTINUA…

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